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Maggiora: "La Coppa Italia del 1980? Una cavalcata fantastica. Il calcio deve ripartire ma con attenzione"

di Marco Rossi Mercanti

Esattamente 40 anni fa, il 17 maggio 1980, la Roma di Liedholm vince la sua terza Coppa Italia superando il Torino ai calci di rigore. Tra i protagonisti del match c’era Domenico Maggiora, ex terzino e centrocampista giallorosso, intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport all’interno della trasmissione “Bar Forza Lupi”:

Hai giocato terzino in quella finale…
“Ho fatto molti ruoli, ho giocato terzino quella finale, mi sembra a destra. Fu una partita incredibile, ci fu una sequenza di risultati incredibile prima di arrivare alla finale, abbiamo fatto partite entusiasmante e abbiamo coronato il tutto vincendo la finale in casa. In quella partita ritengo che Tancredi sia stato l’artefice principale del successo insieme a mister Liedholm. Noi eravamo in svantaggio di due rigori, era praticamente finita per noi. Io e Ancelotti eravamo seduti e disperati, serviva un miracolo. Il mister ci fece alzarci e ci ha fatto scaldare per tirare i rigori a oltranza, per noi sembrava impossibile. Succede che il Torino ne sbaglia due, pareggiammo, poi il primo rigore a oltranza lo tirò Ancelotti e il secondo sarebbe toccato a me. Io avevo un’esperienza negativa con i rigori, nelle giovanili della Juventus sbagliai addirittura tre rigori in tre finali e dentro di me speravo in un miracolo di Tancredi. È successo che Zaccarelli sbagliò il rigore e vincemmo. Con due rigori di svantaggio al 90% la Coppa Italia era già destinata al Torino, ma è successo questo. Il mister ci ha messo del suo, la partita fu anche giocata bene da parte nostra e alla fine fu una Coppa Italia meritata”.

La Coppa Italia del 1980 era molto più lunga rispetto a quella attuale…
“Sì, noi abbiamo iniziato ad agosto addirittura. Siamo andati a giocare a Bari, in casa c’erano 72.000 persone a vederci contro l’Ascoli dove abbiamo pareggiato 2-2, era una squadra che quel periodo era una sorta di bestia nera per noi”.

72.000 per una partita di Coppa Italia…
“Era un’altra epoca, con squadre di media-bassa classifica non c’era classifica, il pubblico era sempre presente. La partita poteva anche andare male, ma lo stadio era sempre pieno, è un qualcosa di indimenticabile. Noi eravamo una grande squadra, l’anno successivo non vincemmo lo scudetto per i motivi che tutti sappiamo (il gol annullato a Turone, ndr). Quelle partite le vinceva il pubblico”.

Nel cammino verso la finale anche un 4-0 a Milano contro il Milan…
“Un’impresa incredibile, una cavalcata fantastica, alla fine vincemmo la Coppa Italia da imbattuti. Stavamo costruendo la squadra che poi avrebbe vinto il secondo scudetto. Io sono arrivato nel 1976, i primi anni furono difficili ma poi abbiamo vinto due Coppe Italia consecutive e poi lo scudetto”.

Falcao ti considerava indispensabile in mezzo al campo…
“C’era grande stima reciproca, io personalmente l’ho sempre reputato un giocatore carismatico, non è che ce ne siano tanti in giro. Io ho conosciuto giocatori come De Sisti, ero molto amico di Di Bartolomei. Siamo tutti cresciuti insieme nella Nazionale juniores, poi ci siamo ritrovati a Roma e abbiamo fatto tutto questo percorso insieme”.

Che ricordo hai di Roberto Mancini, che hai incrociato nella Sampdoria?
“Si vedeva subito che aveva grandi numeri, con il tempo ha dimostrato personalità, è stato un grosso campione che ha fatto gol spettacolari. Ci sono giocatori che fanno gol anticipando l’avversario, lui invece se li costruiva. Ha acquisito grande personalità e fu determinante con Vialli nello scudetto vinto dalla Sampdoria. Nella mia Sampdoria c’erano anche lì dei grandi campioni, ricordo Brady ad esempio. Quando si vince vuol dire che ci sono giocatori di personalità, c’è una miscela di tante cose”.

È giusto in questo momento ripartire con il calcio senza i tifosi?
“Sì, dobbiamo fare attenzione perché stiamo ancora rischiando tutti. Dobbiamo stare molto attenti e usare le giuste precauzioni. Chiaramente bisogna giocare a porte chiuse perché altrimenti diventerebbe tutto più difficile, perciò bisogna che tutti quanti siano attenti e ordinati, fare attenzione e non esagerare. Ieri ho visto la Bundesliga, certo bisogna chiudere gli occhi perché vedere gli stadi vuoti non è bello, ci sono tante componenti che un giocatore vive in campo e con il pubblico la resa di un calciatore è superiore”.

Il tuo gol in acrobazia con il Vicenza?
“Nelle giovanili della Juventus facevo sempre gol, ma con il passare del tempo mi adattavo a giocare da tutte le parti e ho segnato sempre di meno, col tempo i gol non arrivavano perché cercavo sempre di aiutare gli altri”.


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