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Mancini: "All'inizio ho avuto difficoltà a Roma, Fonseca mi ha aiutato"

di Federico Ciribino

Il difensore Gianluca Mancini ha rilasciato le seguenti dichiarazioni a Cronache di Spogliatoio:

Sul numero di maglia:
«Mi sono tatuato il 23 proprio per Marco Materazzi. Successivamente mi sono fidanzato il 23 con quella che è attualmente mia moglie, e mi sono spostato il 23. Infine me lo sono messo sulla maglietta. Per Marco nasce nel mito di Michael Jordan, per me parte da lui. Sono nato in una famiglia di interisti e non facevo nemmeno il difensore, però quando lo vedevo giocare con cattiveria, agonismo, con un grande mancino, a me restava impresso. Per me lui è sempre stato il 23. È il primo tatuaggio che mi sono fatto. Mio papà era interista, per lui fare un tatuaggio su un giocatore dell’Inter era subito ok, quindi lo avevo fatto anche un po’ a furbetto. Avevo 15 anni e ho convinto mio padre con il numero di Marco».

Sul suo idolo Materazzi:
«È stato un difensore che segnava molto. Quando sei ragazzino i difensori è difficile ammirarli, lui segnava, mi piaceva il mondo in cui giocava e poi dove l’ho ammirato tanto è stato a 10 anni, durante il Mondiale 2006. È entrato nella partita contro la Repubblica Ceca, ha segnato il primo gol. Poi lì inizi a capire qualcosina, perché a 10 anni sei sempre piccolo ma intravedi già qualcosina, e da lì è partita la scintilla. Mi sono guardato tutti i video, quando segnava, quando entrava duro. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, ci sentiamo ogni tanto, chiedo consigli. Per me è l’idolo».

Sul cambiamento tattico con Fonseca:
«Ci sono state due chiamate per me importanti. La prima ha riguardato alcuni consigli extra calcio, però preferisco tenerli per me. A Perugia feci un’amichevole, ero arrivato a Roma da poco, avevo cambiato proprio tutto a livello tattico da Gasperini a Fonseca. Feci un’amichevole contro l’Athletic Bilbao e non giocai bene, secondo me. A Marco invece ero piaciuto in alcune situazioni, però in quella partita feci un passaggio sbagliato e fecero gol, oltre a procurare un rigore alla fine. Il giorno dopo lo chiamai e lui quasi si arrabbiò perché vedevo errori soltanto miei, com’è giusto che sia, però lui essendo un campione con un’esperienza grandissima mi aiutò a capire: "Guarda i tuoi errori però devi vedere altre situazioni", mi spronò a continuare a fare quello che chiedeva Fonseca. Mi caricò. Da lì stetti fuori alcune partite, poi giocai il derby e dal derby sono partito nella crescita. Quando un campione come Marco ti dà un consiglio, ti aggiunge delle robe assurde a livello personale».

Su Gasperini:
«Ho avuto la fortuna di essere allenato da Gasperini perché ti apre veramente un mondo totalmente diverso a livello di testa, di allenamenti, di tattica. Non avevo mai provato una cosa del genere e lui mi ha aiutato soprattutto mentalmente a diventare un giocatore veramente concentrato: in allenamento, in partita, su tutto. E poi a livello tattico ho sempre detto che un giocatore si vede se è bravo, cerco di farlo su di me. Se cambia un allenatore non devi trovarti male, devi essere bravo a capire quello che ti chiede. All’inizio, non lo nascondo, ho trovato tante difficoltà quando sono arrivato alla Roma. Facevo le cose che facevo con Gasperini e Fonseca ogni allenamento mi riprendeva, mi metteva da parte e mi spiegava. E allora lì ho iniziato a guardare i video, come faceva la difesa Fonseca allo Shakhtar. I video degli allenamenti me li riguardavo per capire quello che voleva, mi dicevo: "Se non faccio così, non gioco". Adattarsi penso sia una cosa bella, ricoprire e provare a fare tanti ruoli può essere anche un vantaggio, è un qualcosa che metti in più nel tuo bagaglio».

Sulla finale del 2006:
«Ero al mare a Follonica, in Toscana. Ero su un terrazzino, mi ricordo che feci la prova alla PlayStation con mio cugino prima della finale».

Sulla carica dei compagni prima delle partite:
«Una volta Edin, prima di Inter-Roma, mi prese in giro un po’ per stuzzicarmi. Mi disse: "Occhio che domani Lukaku e Martinez ti fanno venire il mal di testa, non la vedi mai". Capisco che lo dicono per darti forza, però è un meccanismo dentro che ti scatta. Non ho bisogno di queste cose, ognuno prima della partita trova uno spunto per caricarsi. Qualche compagno ti può tirare frecciatine e questo ti può ancor più caricare».

Sulle differenze tra Gasperini e Fonseca:
«Sono due allenamenti diversi, come ha detto Marco. Con Gasperini sono allenamenti veramente intensi, dal martedì al sabato, anche il giorno della rifinitura galoppi. In allenamento faceva possesso con partita, con 10 allunghi prima della partita, facevo forza. Ho provato 2 anni con Gasperini e sono pronto a tutto. La domenica vai forte e io sono arrivato al 90′ che potevo giocare altri 90 minuti: vedevo gli avversari con il fiatone, l’attaccante che faceva fatica a rientrare e io invece mi sentivo bene. Con Fonseca facciamo partitelle a pressione, tanti possessi palla, tante partitine dove devi recuperare subito il pallone. Chiaramente gli allenamenti di Fonseca li preferisco di più perché giochi con la palla e fai fatica, perché fai fatica quando giochi con un possesso palla e non prendi mai il giro. Con gente che sa giocare a calcio corri ugualmente e fai la stessa fatica. Io, come ho detto prima, mi adatto a qualsiasi allenamento e ognuno ha le sue preferenze. L’importante è che ogni allenamento deve permetterti di rendere la domenica. Se mi alleno bene e vado a mille in settimana, è perché la domenica devo stare bene. Se la domenica non sto bene e vado più piano è perché ho sbagliato qualcosa in settimana».


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