Parlano i collaboratori di Di Francesco. Pierini: "Eusebio è un predestinato". Marini: "Ha sempre voglia di migliorarsi"
I collaboratori di Eusebio Di Francesco, Giancarlo Marini e Danilo Pierini, sono intervenuti ai microfoni di Roma TV.
In cosa consiste il vostro lavoro?
Pierini: "Il mio lavoro all'interno dello staff è di coadiuvare quello che il mister deve andare a svolgere. Siamo pronti a essere presenti, nel sistemare i campi con paletti e conetti, per far sì che le esercitazioni avvengano nel modo giusto. Collaboriamo con lui per non avere vuoti nell'allenamento, in modo tale che tutto possa fluire".
Marini: "Siamo a disposizione del mister, dentro e fuori dal campo”.
Il campo va sempre preparato…
Pierini: “Le esercitazioni sono semplici, quando le strutturi pensi prima a cosa deve avvenire, perché non devono esserci interruzioni”.
Avete esperienza come osservatori della squadra avversaria. Quali sono le cose più importanti da dire?
Pierini: “Ho iniziato in questo modo, prima andavi a vedere la partita, non c’era la possibilità di rivedere il filmato. Dovevi essere molto attento ed eseguire schemi che riassumono fase offensiva e difensiva, su un quadernino. Poi venivano riportati con Word, insieme alle figure e si presentava la redazione, in modo tale che il mister la esponesse. Allo stesso tempo si analizzavano i giocatori, per sottolinearne le caratteristiche individuale. Andando avanti col tempo ci si è messa di mezzo la tecnologia, vedi la partita e ti dedichi ad altro. Sui calci piazzati vedo chi resta dietro, perché a volte nei filmati televisivi non si vede. È una cosa che ho lasciato indietro, rivedo la partita e mi segno chi c’è e non c’è. Faccio la foto anziché i disegni. C’è stato un miglioramento, ma c’è da fare ancora molto”.
Marini: “Io ho preso il posto di Danilo, ho chiesto consigli, ci ho messo qualcosa di mio. Anche da ex calciatore. Quando vado a vedere una partita cerco la dislocazione in campo degli avversari, cerco di dividere il campo in tre zone, per la fase offensiva e difensiva, poi ci sono delle sfumature, come l’interazione tra i compagni di squadra e i giocatori e l’allenatore, i giocatori chiave”.
Si possono vedere i quadernini?
Pierini: “No (ride, ndr). No, per me non sono segreti, quando fai queste cose hai anche il tuo modo di farle, tra me e lui c’è modo diverso di farle. Io mi espongo in una maniera, lui in un’altra”.
Marini: “Lui è più tecnologico, io più tradizionale”.
In che modo la tecnologia ha cambiato questo lavoro?
Pierini: “Posso dire qualcosa in più. Prima di venire a Roma, facevo anche la match analysis. Ero supportato da alcuni dati che mi arrivavano, ma non davamo molta importanza. Col tempo ci siamo accorti dell’importanza dei dati. Una squadra che spinge più da una parte che dall’altra può farlo in modo evidente, ma la statistica è diventata importante. Si può sapere quanto si segna in determinate situazioni, è un qualcosa che va applicato, oltre che capito. Qui alla Roma c’è Beccaccioli che è bravissimo coi big data, dà un’informazione molto importante a Eusebio. È una parte fondamentale”.
Il vostro rapporto con Di Francesco nasce da tempo. Com’era come giocatore e come è cambiato il rapporto?
Marini: “Non è cambiato, eravamo abbastanza spensierati. È facile parlare bene di Eusebio, è una persona corretta e concreta, ha rispetto per se stesso, per gli altri e per il lavoro che svolge. Questa caratteristica è importante, lui ha sempre avuto questa voglia di migliorarsi che lo ha portato a fare una carriera importante. Ora l’ho ritrovato con esperienza, migliorato sotto tutti i punti di vista. Ha sempre voglia di guardare avanti e di migliorarsi, è molto attento al dettaglio, alla ricerca di miglioramento personale, ma è estremamente corretto”.
Pierini: “Val Di Sangro la lasciamo da parte, l’ho conosciuto come direttore sportivo. Credo di essere quello che lo conosce di meno, lo trovai seduto su una panchina, dove eravamo in ritiro, in un paese sperduto nel Molise. Lui si è esonerato da solo, si era anche stufato. Già ragionava in veste diversa, dopo gli è stato tutto facile. Siamo rimasti in contatto, sono accadute delle cose, gli ho dato indicazioni che si sono rivelate positive. Ho detto che era un predestinato, questo sì. Ma il concetto è un altro. Lui dentro la sua testa elabora, tutto quello che viene è suo frutto. Magari c’è qualcosa che dice lui o un altro, è lui che elabora e fa il tutto. Per fare l’allenatore ci vuole molta curiosità, bisogna avere qualche piccolo dubbio, bisogna essere sempre attenti e pensare che qualcosa possa non andare”.
Marini: “E ci vuole qualche intuizione”.