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Pellegrini: "Essere capitano è una grande responsabilità. Mancini il compagno più casinista". VIDEO!

di Gabriele Chiocchio

Il capitano della Roma Lorenzo Pellegrini è stato protagonista di un Q&A sul canale ufficiale Youtube del club.

Romano e romanista, che sapore ha vestire la maglia della squadra della tua città, quella per cui tifavi da bambino?
“È una grande responsabilità, perché nascendo e crescendo a Roma la senti un po' tua, quindi senti tuo anche anche lo stadio, le persone che sono dentro che lottano insieme a te, e soprattutto una grande responsabilità e una sfida grande perché chiunque viene a giocare per la Roma deve sapere che cosa vuol dire giocare per la Roma. È un grande piacere, come già dice la domanda, il sogno di ogni bambino romano e poi una grande responsabilità perché comporta tante cose importanti che bisogna trasmettere agli altri per cercare quantomeno di far capire che non si sta portando una maglia qualunque”.

Capitano della Roma dopo Totti e De Rossi, come descriveresti le emozioni di portare la fascia?
“Beh, anche questa è una grande responsabilità, soprattutto dopo Francesco e Daniele che hanno fatto la storia della Roma, penso che che la fascia non bisogna portarla solamente la domenica durante la partita, ma bisogna portarla tutti i giorni perché già giocare nella Roma è deve essere un grande onore per chiunque viene qui, figuriamoci per un ragazzino cresciuto a Cinecittà”.

Gol o assist? Cosa ti dà più soddisfazione?
“Diciamo che inizialmente ero più ero più per l'assist perché comunque ti dà un brivido e soprattutto secondo me ti godi un pochino di più l'azione, perché il gol tante volte succede che lo fai ma poi devi rivederti bene l'azione per capire come è andata alla fine, e invece dell'assist ti godi magari la tua giocata e il gol del compagno, però ad oggi preferisco il gol”.

Perché la 7? Numero fortunato, casualità oppure sognavi di portarlo sulle spalle un giorno perché lo vedevi su quelle del tuo idolo?
“Il numero sette è sempre stato il mio il mio numero fortunato, diciamo così, è un numero che mi piace da morire, a cui sono molto legato e che mi porto da bambino non per un idolo, o qualcosa di simile, ma più che altro proprio per il piacere di vedere questo numero. Mi piace il numero sette. Quando sono venuto qui a Roma c'erano disponibili anche altri numeri come l'11 e il 12 che anche mi piacevano, però poi alla fine scelsi il 7 perché era libero, era il mio numero fortunato il numero che indossato Bruno (Conti, ndr), che mi accompagnato per tutto questo viaggio, quindi non ho avuto dubbi”.

Il portiere a cui è più difficile fare gol?
“Direi che è facile rispondere, perché il primo anno che sono tornato qui c'era c'era Alisson, quindi dico assolutamente lui che era incredibile”

Il compagno più casinista?
“In questo momento direi sicuramente Mancio che è come un fratello per me, ma devo ammettere che fa un bel po' di casino, mentre invece di sempre devo dire assolutamente Florenzi, perché aveva questa energia che, a dir la verità, un pochino troppa certe volte però era difficile stargli dietro”.

La canzone che rappresenta meglio Roma e la romanità?
“Diciamo che sono molto legato, ad Antonello Venditti, perché quando quando ero a Modena e stai via un pochettino soffri, allora mi sentivo un po’ di canzoni di Antonello. Se ne devo dire una in particolare, parlo della persona. Io ero a Modena ma mettevo Antonello in macchina e mi sembrava di essere a Roma e questo mi aiutato”. 

La tua playlist pre gara: rock, pop o techno?
“A dir la verità prima della partita non mi fa impazzire ascoltare la musica, non mi concentro sulla musica, preferisco più parlare, comunicare con i miei compagni, se devo dire qualcosa è tanto importante per me cercare di capire anche lo stato d'animo dei miei compagni, ascoltando la musica secondo me non riesci a interfacciarti bene con con I tuoi compagni, quindi direi che non sono uno da cuffie, sono uno da musica di sottofondo ma a cui piace parlare e comunicare prima della partita”.

Il luogo di Roma che ami di più quello in cui ti senti più autenticamente romano.
“Diciamo che ce ne sono tanti, perché ci sono tanti ricordi nella mia mente, dove mi sono sposato con mia moglie, dove ho passato tanto tempo, però penso che che uno si senta a casa dove è nato. Quindi direi che Cinecittà, anche se ci passo non molto spesso, è un po' il posto del mio cuore perché dove sono nato è cresciuto”.


Il Q&A di Pellegrini


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