Perotti: "La Roma la partita della mia vita. Tante difficoltà in carriera, ma cadiamo per rialzarci". VIDEO!
Fonte: Youtube
Diego Perotti, fantasista argentino della Roma, è il protragonista della rubrica targata AS Roma "Draw my life", dove si è raccontato attraverso l'ausilio di alcuni disegni:
"Ciao, sono Diego Perotti e sono nato a Moreno, in provincia di Buenos Aires, il 26 luglio 1988. Un papà calciatore, una mamma piena di attenzione e due sorelle: una più grande e una più piccola. In mezzo io, Diego come Armando Maradona. Quel nome in fondo è il primo dono che ho ricevuto dai miei giocatori. Mio padre Hugo ha avuto la fortuna di indossare la maglia del Boca e di giocare con il più grande di tutti i tempi. La mia passione per il pallone è sbocciata prima che avessi consapevolezza del cognome che portavo. Avevo talento e un desiderio smisurato di diventare calciatore. Ma il destino quando ti prende per mano non sempre sceglie una linea retta. La mia carriera ha conosciuto tante curve e momenti di difficoltà. Sapete perché cadiamo? Per rialzarci. Chiaro. A 13 anni mi sono scontrato con la mia prima difficoltà. Il Boca mi ha scartato perché il mio fisico era esile e il tempo mi ha giocato un brutto scherzo: cercavo spazio in altre squadre, il calciomercato si è chiuso e mi sono trovato fuori. Un anno fermo e il sogno che rischiava di sgretolarsi. Sono rinato al Deportivo Moron, un piccolo club di una categoria equiparabile alla Serie C. Lì ho capito che il mio desiderio di giocare era più forte di qualsiasi altra cosa. Forse anche dell’ambizione stessa. Ero felice, avevo trovato la mia dimensione. Tutto quello che è successo dopo ha dell’incredibile. Il Siviglia mi ha portato alla ribalta del calcio europeo e a 21 anni ho avuto l’onore di vestire la maglia dell’Argentina. Io non so trovare le parole giuste per raccontarvi l’emozione che ho provato, forse bastano due immagini: sapete chi fosse il CT dell’Argentina? Maradona. Sapete chi ho sostituito a 10’ dalla fine di un’amichevole? Lionel Messi. Dunque ricapitoliamo: Maradona mi fa il cenno di entrare, Messi mi dà il cinque. Se esiste un luogo e un tempo per il riscatto di tutte le cose che sembrano perdute, quello era il mio incrocio. Mentre il calcio mi scaraventava dentro una favola, io tentavo in tutti i modi di restare aggrappato alla realtà. Adoro i film e le storie che hanno come protagonisti i detective; così mi sono iscritto all’università di criminologia. Purtroppo quell’esperienza è durata poco. Gli impegni calcistici non mi hanno permesso di approfondire gli studi e anche la notorietà non mi faceva sentire a mio agio con i compagni di corso. Gli studenti mi fermavano per chiedermi l’autografo ed ero al centro dell’attenzione. Mi sembrava tutto troppo strano. Una volta sono dovuto uscire perfino dalla classe per rispondere a una telefonata di Maradona. Può sembrarvi divertente, ma io lo trovavo poco rispettoso nei confronti dei professori e dei compagni. Non permettete mai che il successo vi faccia perdere di vista le regole della convivenza in un gruppo. Dopo i successi con il Siviglia ho iniziato a fare i conti con gli infortuni che hanno messo a dura prova la mia tenacia. Una nuova, brevissima parentesi con il Boca non era andata nel verso giusto. Ero ancora di fronte a una svolta: smettere o riprovarci. La rinascita questa volta si chiamava Genoa. Un altro trampolino. Un’altra opportunità. In Italia sono tornato a credere in me stesso e a divertirmi giocando al calcio. Il destino mi ha portato di fronte alla mia ultima sfida. Ora la partita della mia vita si disputa a Roma e io sono pronto a giocarmela fino in fondo. Nella capitale mi sono trasferito con mia moglie Giulietta e mio figlio Francesco. Accettare la Roma non è stato complicato. Il giallorosso è stato un colpo di fulmine, un’attrazione fortissima, simile a quella per i colori della Seleccion. Come tutti gli argentini nel cuore sogno sempre di riconquistare la maglia della albiceleste. Nella tasca porto con me la lezione: cadiamo per rialzarci”.