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Romondini: "Zaniolo è stato una rivelazione, sa fare tutto e bene. Ho un grande rapporto con Totti e De Rossi"

di Andrea Cioccio

Fabrizio Romondini, ex calciatore della Roma nella stagione 1996/1997, ha rilasciato un'intervista all'AS Roma Match Program, in cui si è soffermato sulla sfida di domenica tra giallorossi e partenopei. Queste le sue parole: 

Il tecnico del suo debutto fu Carlos Bianchi, di cui non tutti hanno un grande ricordo da queste parti, soprattutto perché avrebbe acconsentito alla cessione di Francesco Totti alla Sampdoria.
“Quello fu un errore del mister, senza dubbio, anche perché Totti lo conosco da sempre, andavamo al campo insieme e siamo praticamente coetanei. Io ho un anno in meno di lui. Parliamo di uno dei calciatori più forti della storia del calcio italiano. Io, però, di Bianchi non posso che parlarne bene. Mi teneva in considerazione fin dall’estate in ritiro, ero praticamente l’unico ragazzo del settore giovanile che guardava con interesse. Non a caso mi fece debuttare, facendomi realizzare un sogno. Ecco, a proposito di Francesco posso citare un aneddoto che riguarda proprio il mio esordio…”.

Racconti.
“Lui era già uscito dal campo, fu Annoni a prendere il suo posto. Quando Bianchi mi disse di iniziare a scaldarmi che poi sarei entrato, Francesco mi guardò e mi disse: “Oh, sbrigate prima che ce ripensa…”. Non ci ripensò e io in campo diedi tutto me stesso. Sfiorai anche il gol se Baldini – il difensore avversario – non si fosse messo nel posto giusto per ribattere la mia conclusione”.

A posteriori, ha mai pensato che il tecnico argentino abbia commesso degli errori nella gestione di quella stagione giallorossa?
“Sì, ritengo che abbia sbagliato soprattutto in alcune metodologie di allenamento. Ci faceva lavorare tanto sulla forza, sia in palestra e sia sul campo di gioco. Sollecitavamo tanto le gambe, cercando di rinforzarle sensibilmente, ma poi quando si andava a giocare in partita, i carichi non venivano smaltiti completamente e le gambe non andavano come dovevano. Le sentivamo pesanti. Credo che quello fu uno degli errori in quell’annata”.

L’anno successivo il presidente Sensi ingaggiò Zeman e lei cambiò vita. Andò in Spagna, all’Albacete.
“Fu un’esperienza interessante, ma non semplice. Venivo via da casa mia, da Trigoria, per andare in un campionato diverso, in un paese straniero di cui non conoscevo la lingua. Andavo a vivere da solo e fu tutt’altra cosa. Comunque, giocai abbastanza e la mia crescita da giocatore ne beneficiò. Insomma, mi fece crescere. E poi,  fammi dire, una fortuna particolare mi ha accompagnato per la carriera”.

Quale fortuna?
“Quella di aver giocato praticamente sempre. Ho militato in piazze calde come Catania, Salernitana, Avellino, Padova, Venzia, Spezia, la stessa Cisco Roma. Non sono mai stato espulso. E ho dalla mia un record difficilmente superabile nel calcio: sono l'unico ad aver giocato in tutte le categorie, dalla Serie A alla Promozione”.

Dunque, si ritiene soddisfatto della sua carriera?
“Ho giocato più di 500 partite tra i professionisti, tra Serie B e Lega Pro (o Serie C). Ho incrociato e affrontato tanti giocatori forti. Direi di sì...”.

Tra questi avversari risulta anche Igor Zaniolo, il papà di Nicolò.
“Sì, ci sfiorammo pure alla Salernitana. Ma lui arrivò l’anno dopo di me. Ma in campo ci siamo incontrati più volte ed era veramente un attaccante di livello. Un Ibrahimovic in scala minore: forte fisicamente, abile nei duelli, e bravo tecnicamente”.

Il figlio sembra ancora più forte, lei da centrocampista dovrebbe intendersene.
“Zaniolo è stato la rivelazione. Sa fare tutto, lo sa fare bene. Ha due caratteristica che rivedevo anche del padre: la personalità e la sfacciataggine”.

Lei ha 42 anni e ancora non ha nemmeno ipotizzato di appendere gli scarpini al chiodo.
“Mi diverto, sono contento di quello che faccio. Quando vado al campo, per l’allenamento, lo faccio sempre volentieri. Non mi pesa mai. Cerco sempre di migliorarmi e di mettere la mia esperienza al servizio della squadra. I compagni mi ripagano con fiducia, vedendo in me un punto di riferimento”.

È capitano e numero 16 del Montespaccato. Sembra di rivedere qualcosa di conosciuto alle latitudini romaniste…
“L’ho fatto proprio per omaggiare il mio amico Daniele. Gliel’ho anche detto a inizio stagione, che avrei scelto il suo numero. Lui e Francesco per me sono riferimenti autentici, sotto tutti i punti di vista”.

Di Totti ha quasi la stessa età ed ha dichiarato di averlo frequentato anche fuori dal campo. La conoscenza con De Rossi, di sei anni più piccolo, come nasce?
“Il rapporto nasce nel settore giovanile della Roma. Oggi ci sentiamo spesso al telefono, qualche giorno fa l’ho incontrato al semaforo sulla Cristoforo Colombo. Mi ha suonato e ci siamo abbracciati per strada”.

Nel corso degli anni si è impegnato in prima persona con la nazionale attori, per scopi di beneficenza.
“Sì, è un’esperienza che mi arricchisce. Alleno e gioco con la nazionale attori facendo beneficienza in giro per l’Italia. Ma pure con il Montespaccato contribuisco ad un'iniziativa”.

La spieghi.
“È un progetto unico in Italia, all'interno di un quartiere non sempre facile. Si chiama Talento e Tenacia e consente ai ragazzi della zona l'inserimento nel mondo del sociale e del lavoro. Artefice del piano è il presidente, Massimiliano Monnanni. E io sono davvero fiero di poterne fare parte".


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