.

Scarchilli: "Da giocatore del Torino segnai alla Roma, ma la maglia giallorossa viene prima di tutto"

di Claudio Lollobrigida
Fonte: AS Roma Match Program

L'ex calciatore di Torino e Roma, Alessio Scarchilli, ha rilasciato un'intervista ad AS Roma Match Program. Ecco le sue parole.

Alessio Scarchilli, 43 anni, ex centrocampista di Roma e Torino: che gara si aspetta domenica pomeriggio all’Olimpico?
«Sarà sicuramente una trasferta insidiosa per la squadra di Garcia. Il Toro è in corsa per un posto nella prossima Europa League e in questo momento è in salute. Sono allenati da un tecnico, Ventura, molto bravo e capace, che fa giocare bene le proprie squadre. È lui il vero punto di forza dei granata. Ma la Roma arriva dall’importante e salutare vittoria con il Napoli e per potenziale resta favorita. È un match aperto e difficilmente pronosticabile”. Ha vestito la maglia granata sei anni: una stagione nel ’96-’97 e, successivamente, dal ’98 al 2003».

Ricordi?
«Be’, fu un’esperienza molto bella e che ricordo con tanto affetto. Indossare la maglia del Toro è un orgoglio per qualsiasi calciatore professionista. Vivere da vicino la loro storia ti dà tanto. E partecipare ogni anno alla commemorazione degli invincibili del Grande Torino è qualcosa di unico. È un club affascinante, che rimane nel cuore. Ai miei tempi non c’era grande stabilità societaria, all’epoca si accavallarono tanti presidenti, da Calleri a Ciminelli. Sono contento che oggi abbiano trovato una stabilità con Cairo e una dimensione molto più da Toro rispetto agli anni precedenti. Per me, dopo la Roma, c’è senza dubbio il Torino».

Segnò anche alla Roma da giocatore del Torino.
«Vero, era il 1999. Affrontammo al Delle Alpi la prima Roma di Capello con Aldair, Montella, Totti e altri giocatori importanti. Andammo in vantaggio con un mio gol nel primo tempo, poi fummo raggiunti nella ripresa da Di Francesco. Un gran bel gol per tecnica e tempo di inserimento, da far vedere nelle scuole calcio… Scherzi a parte, la gara finì 1-1. Ricordo che quando vidi la palla entrare in rete, cominciai a esultare istintivamente come se niente fosse. Solo dopo qualche secondo realizzai a chi avevo dato un dispiacere e d’improvviso mi bloccai. E sa dopo la partita che accadde?».

No, cosa?
«Andai a prendere il telefono cellulare ed era pieno di messaggi in segreteria. Si erano fatti sentire tutti i miei amici romanisti con toni non proprio amichevoli…. Quello era un ottimo momento per me, in quella settimana arrivò la chiamata della Nazionale di Zoff. Peccato che mi infortunai la settimana successiva nel derby con la Juventus e questo mi impedì di rispondere alla convocazione. Non ebbi molta fortuna in quella circostanza…».

Come non ne ebbe con la Roma, probabilmente.
«Diciamo che pagai una forzatura e una sbagliata gestione da chi aveva interesse a portarmi via da Roma (il procuratore, ndr). Nel ’96 passai al Torino in Serie B, a livello professionale fu senza ombra di dubbio un passo indietro dato che con la Roma ero stato impiegato più volte da Mazzone. In più, avevo vinto due campionati in B con Lecce e Udinese e avevo conquistato da titolare il titolo europeo under 21 battendo la Francia di Zidane e il Portogallo di Figo. Insomma, ero un calciatore fatto, non avevo bisogno di tornare a farmi le ossa in altre categorie. D’altronde quando hai diciannove/venti anni ci si può trovare in situazioni più grandi di te, ma solo successivamente riesci a spiegarti determinate dinamiche».

Però resta memorabile il suo esordio dal primo minuto in giallorosso contro l’Atalanta. Uscì dal campo applaudito a scena aperta dall’Olimpico.
«Avevo ventuno anni, fu il coronamento di un sogno quello di esordire davanti ai miei tifosi e ai miei amici da giocatore romano e romanista. Quel giorno sostituii il capitano, Giannini, in mezzo al campo. Vincemmo 2-1 in rimonta con le reti di Balbo e Haessler. Effettivamente, disputai una grande partita e con la mia prestazione contribuii a portare a casa il successo. Gran parte dell’incontro lo giocai mezzo infortunato per una botta ricevuta nel primo tempo. Durante l’intervallo mister Mazzone mi disse: “Che devi fa’? Jaa’ fai?”. E io risposi: “Sì, sì, certo che ce la faccio”, nonostante fossi incerottato. Come potevo lasciare il campo? Impossibile. Così Mazzone mi sostituii a pochi minuti dalla fine regalandomi una standing ovation. Al mio posto entrò il mio amico Daniele Berretta, con il quale ero cresciuto insieme. E dirigendomi verso la panchina, sentii la Sud invocare il mio nome. Bello».

Di recente, l’abbiamo vista a Roma TV in giro per il mondo con alcuni ex giocatori protagonisti di tornei di beneficenza all’estero.
«Ho tanti contatti con vecchi compagni e non solo, così sono diventato il riferimento di queste iniziative. Seleziono i giocatori e li porto in questi eventi organizzati fuori dall’Italia. Ovviamente, in base alla disponibilità che mi danno. A mio avviso, è un buon modo per veicolare il marchio Roma nel mondo quando la prima squadra è impegnata con la stagione regolare. Inoltre, permette ai tifosi di altre generazioni di rivedere vecchi idoli di nuovo con la maglia giallorossa».

 


Altre notizie
Domenica 15 dicembre
PUBBLICITÀ