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Smalling: "Fonseca cercava un difensore con gli attributi e sono arrivato. Roma sfida che mi è piaciuta"

di Marco Rossi Mercanti

In queste ore si parla di un possibile futuro a titolo definitivo di Chris Smalling alla Roma. Il difensore, infatti, è in prestito secco dal Manchester United ma le prestazioni di questo inizio di stagioni stanno convincendo la dirigenza giallorossa a puntare su di lui per i prossimi anni. Intanto, l'inglese ha rilasciato una lunga intervista al portale theathletic.com:

«Ho iniziato a pensare di giocare lontano dallo United abbastanza tardi nella finestra di mercato. Avevo firmato un nuovo contratto con il Manchester sei mesi prima e stavo giocando regolarmente quando è arrivato Solskjaer. Poi si è parlato di un nuovo difensore  centrale per tutta l’estate. Non era un problema per me, è parte della sfida e lo United aveva acquistato Lindelof e Bailly nelle ultime stagioni. Li ho accolti, ho lavorato duramente e alla fine della stagione avevo giocato più di tanti in squadra. Ole ha schierato Victor Lindelof e Harry Maguire nelle prime partite e ha lasciato Axel Tuanzebe in panchina. Se non avessi giocato così tanto negli anni precedenti, sarei stato felice di giocare in Europa League e di giocare in altre partite a seconda della forma fisica, ma alla fine della sessione di mercato, sentivo di aver bisogno di una chiara immagine di dove mi trovassi. Sono stato in costante contatto con Ole e mi ha detto che avrei giocato una buona quantità di partite. Avrei giocato 20-25 partite, forse di più, poi la Roma ha fatto la sua offerta. Mi è stato detto che potevo giocare 40-50 partite con la Roma, forse il doppio di quanto avrei giocato allo United».

«Allo United avrei potuto prendere i miei stipendi, ero appena diventato padre di un bambino, ero a Manchester con la mia famiglia. Venire a Roma è stata una sfida che mi è piaciuta, un grande club con grandi aspettative. Il manager non vuole soltanto tornare tra i primi quattro posti, vuole vincere un trofeo. Di recente la Roma ha avuto delle ottime serate in Champions League, ma l’Europa League qui è importante in questa stagione. Mia moglie mi ha sempre sostenuto e mi ha detto "Se vuoi trasferirti, lo faremo. Faremo ciò che è meglio per il tuo calcio". Sapevo che avrebbe detto così e l’ho apprezzato. Quindi mi sono trasferito. Ho vissuto in hotel per un mese e poi ci siamo spostati in una bellissima casa la scorsa settimana. È appena fuori Roma, è circondata dal verde che è molto importanti per i nostri cani. Ora sono tutti qui ed è positivo. Ho dovuto cambiare il mio guardaroba. Alla fine di ottobre c’erano 28 gradi e questo è un vantaggio».

«Perché ho lasciato il Manchester? Volevo giocare ogni partita. Ho parlato con l’allenatore della Roma, Paulo Fonseca, e mi ha spiegato che aveva bisogno di un centrale con gli attributi. Nessun giocatore può essere certo di giocare ogni partita, ma sapevo che se fossi stato in forma allora avrei potuto giocare regolarmente. L’ho fatto e la reazione dello staff tecnico e dei tifosi ha aumentato la mia fiducia. L'italiano? Non è facile, non aiuta il fatto che così tante persone parlino in inglese. Potrei cavarmela in campo solo comunicando in inglese, anche se ho bisogno di parlare in italiano in campo, conosco già le parole chiave. Ma è importante per me fare lo sforzo di imparare l’italiano. Non è l’ideale quando i ragazzi stranieri vengono in Inghilterra e il loro inglese non è buono anni dopo. Parlare la lingua fa una grande differenza fuori dal campo. Non parlerò fluentemente, ma farò del mio meglio».

"Avevo già incrociato Kolarov e Dzeko. Eravamo rivali ed erano amichevoli, ma non conoscevo abbastanza bene nessuno da rispondere al telefono quando sono arrivato. Ho ricevuto chiamate però. Il capitano Alessandro Florenzi mi ha mandato un messaggio quando stavo per unirmi alla squadra: “Ciao Chris, sono Alessandro Florenzi. Benvenuto nella squadra. Sono molto felice del tuo approdo, ci vediamo presto”. La Roma è stata accogliente. L’allenamento è simile a quello dello United. Giochiamo ogni 3-4 giorni, quindi recuperiamo, poi facciamo una partita incentrata sul possesso palla in allenamento il giorno prima del match. Ho anche lavorato un po’ di più sulla tattica e sul pressing durante la pausa per le Nazionali. Inghilterra? Non chiuderò le porte all’Inghilterra fino a quando non appenderò gli scarpini al chiodo, ma le possibilità con Southagate sembrano ridotte, indipendentemente da quanto bene ho fatto allo United o qui. Questa è una scelta del tecnico, ma io spero la situazione cambi. Forse mi guarderà sotto una luce differente giocando bene in Italia dove sanno qualcosa in più sulla difesa. Penso che sarò un giocatore migliore  quando tornerò a Manchester il prossimo maggio».

«Fonseca vuole una linea difensiva molto più alta di quanto abbia mai giocato prima. Voleva un difensore rapido ed aggressivo e questo sono io. Ho guardato i video e trovato interessanti le tattiche. È un gioco più tattico qui. In Italia giocano a 3 o 5 dietro e due attaccanti in avanti, con molte palle tra le linee. Le squadre sono più difficili da superare. Ogni volta che si allarga la palla, gli attaccanti si spostano verso l’interno. Qui sono due contro due. Mi sento più in guardia, che devo fare molto di più perché l’allenatore vuole che noi giochiamo con la linea difensiva alta. Ho giocato con Fazio che parla inglese e anche con Mancini, che ha firmato questa estate con la Roma. Stiamo diventando più forti partita dopo partita e stiamo concedendo alle squadre pochissime opportunità».

«Comunque continuo a seguire il mio vecchio club. Parlo ancora con i giocatori, sono stato lì molto tempo e siamo amici. Stanno attraversando momenti difficili lì, ma il manager mi manda messaggi. Mi sta seguendo e ha visto che sono stato l’uomo partita e si è congratulato. Penso che il calcio italiano sia adatto a giocatori aggressivi e veloci che sanno leggere il gioco bene. Voglio dar fastidio agli attaccanti qui, come lo ero in Inghilterra. Jamie Vardy è una peste, non smette mai di correre. Molti attaccanti correranno per un buon pallone, come Aguero, che è molto bravo, uno dei migliori ma non vorrebbe correre per raggiungere una palla che probabilmente non raggiungerà. Vardy lo farebbe, ma trova fastidioso giocare contro di me. Le critiche? A volte è ingiusto. Ci sono stati momenti in cui ho giocato bene eppure  vedi ancora che sono scelti gli stessi uno o due giocatori. È dura. Sono mentalmente forte, ma mentirei se dicessi che non ti riguarda». 

«I social? Possono essere un posto pericoloso. La cosa positiva è poter condividere i nostri messaggi o le nostre opinioni, ma le persone possono ricamarci sopra. Non ero sui social fino a tre o quattro anni fa. Amo la mia privacy, non volevo condividere tutto quello che mi riguarda, ma sentivo anche che avrei potuto usare i social per dare una spinta alle iniziative in cui sono coinvolto, come FBB (Football Beyond Borders, ndr), un’organizzazione benefica di educazione sociale, che aiuta i bambini in difficoltà a concentrasi in classe durante le lezioni. Forse le persone si relazionano per quello che ho passato: sono cresciuto senza un padre, ho perso un processo perché non potevamo arrivare in Tribunale dato che non potevamo permetterci una macchina. Mia madre pensava che ci deludesse perché non poteva portarci ai provini. Sono stato mandato via dal Millwall perché non sono riuscito ad arrivare agli allenamenti. I social media possono fare del bene come abbiamo visto con Raheem (Sterling, ndr), che parlava del razzismo, o Danny Rose sulla salute mentale».

«I tifosi sono pazzi qui, lo stadio è molto rumoroso, soprattutto gli ultras. Le persone mi vedono in strada e vengono sempre a dirmi "Forza Roma". Qualcuno è venuto al campo d’allenamento e mi ha regalato un disegno che mi ritraeva con mio figlio. Senti il loro amore e questo ti rende più fiducioso».


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