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Vizoco: "Per un preparatore vedere i test di Dzeko è una gioia. Ora aspettiamo Schick"

di Danilo Magnani

Nicandro Vizoco, preparatore atletico della Roma che lavora con Eusebio Di Francesco da quanto il tecnico era dirigente della Val di Sangro (2007), è il protagonista dell'AS Roma Match Program di questa settimana. Di seguito le sue parole: “Il bene del singolo è il bene della squadra e viceversa, il bene della squadra è il bene del singolo”.

Prossimo impegno l'Udinese, che gara sarà?
“A Udine ci aspetta una gara difficile, loro al di là della sconfitta rimediata a Torino, sono in un ottimo momento di forma. Nelle ultime giornate è una delle squadre che ha raccolto più punti, sono molto fisici con giocatori che hanno una struttura fisica notevole. Sono forti nell’impatto fisico, nell’uno contro uno… ci aspetta un impegno probante che non sarà lontano da quello che avremo in Ucraina. Sarà il primo banco di prova per la gara di mercoledì prossimo che tutti aspettano”.

Ci aspetta un mese di impegni ravvicinati che lascia poco tempo per gli allenamenti, come imposterete il lavoro?
“Un periodo denso di avvenimenti come quello che ci aspetta sarà chiaramente personalizzato giocatore per giocatore. Sarà impostato sul recupero per chi avrà tanti minuti giocati nelle gambe, invece dovranno lavorare il più possibile i giocatori impegnati meno ma che dovranno farsi trovare pronti per gli impegni successivi”.

La Roma secondo lei si è messa definitivamente alle spalle il periodo difficile?
“Sì, mi auguro il periodo complicato sia alle nostre spalle, poi sarà come sempre il tempo a dare le risposte, a darci la certezza che sia davvero passato. L’unica cosa che mi preme sottolineare è che non abbiamo mai perso la consapevolezza che stavamo lavorando nella giusta direzione per poter superare il momento delicato. La mancanza di risultati c’è stata, ma sulla qualità delle prestazioni possiamo rimproverarci relativamente poco”.

Grande protagonista della gara contro il Benevento è stato Cengiz Ünder. Vi aspettavate un’esplosione di questo tipo?
“Ci aspettavamo che Cengiz facesse vedere le sue qualità, perché in allenamento erano evidentissime da tempo. Poi prevedere quando sarebbero potute arrivare agli occhi di tutti in partita, non era ipotizzabile ed è sempre difficile. Al suo arrivo in Italia ha intrapreso un percorso nuovo, difficile, in un paese nuovo senza conoscere la lingua… tutto nuovo con metodi di lavoro completamente diversi a quelli a cui era abituato. Tutti questi elementi facevano presagire che il tempo fosse indispensabile per ambientarsi e far vedere a tutti le sue capacità”.

È stata solo una questione mentale o doveva adattarsi al calcio italiano anche dal punto di vista fisico?
“Sicuramente l’aspetto mentale ha avuto il suo peso. Ma tutta una serie di elementi stanno contribuendo alla sua crescita e determineranno le sue prestazioni in campo future”.

Quali sono le qualità del giocatore turco dal punto di vista del preparatore atletico?
“Cengiz ha grande rapidità e capacità di esecuzione nei movimenti sullo stretto ma allo stesso tempo riesce a sviluppare una grande velocità in ampiezza. Ha delle qualità estremamente importanti per il suo ruolo”.

C’è un giocatore che l’ha sorpresa per recupero fisico e la forza personale?
“È una squadra abbastanza eterogenea dal punto di vista delle caratteristiche fisiche. In alcuni giocatori ci sono spiccate capacità organiche, corsa e allungo in partita, e altri hanno grande capacità di potenza. Avvalendoci del centro ricerche Mapei per la consulenza scientifica, sottoponiamo periodicamente i giocatori a test fisici e possiamo avere tante informazioni. Vedere i test di potenza di Dzeko per esempio, per chi fa il preparatore è una grande gioia! Ora aspettiamo di vedere Schick su livelli importanti nelle prossime settimane perché ha qualità fisiche di altissimo valore. Alla luce di questi test è un top player assoluto”.

Guardando al gruppo, quanto incide sulle sorti di una squadra la preparazione atletica?
“Incide tanto quanto moltissimi altri elementi. La preparazione è un anello che deve essere il più forte possibile, ma che va ad aggiungersi ad una catena all’interno della quale ogni anello ha una importanza fondamentale. È un elemento importante ma non è l’unico a determinare la prestazione e di conseguenza il risultato”.

Lei da giocatore è stato un centravanti. Poi l’incontro alla Val di Sangro con Di Francesco.
“In gioventù ho provato ad essere un giocatore a livello dilettantistico. Mi sono divertito e ho coltivato la passione per questo sport. Poi come sempre accade ci sono incontri che determinano cambiamenti considerevoli. Ho avuto la fortuna di incontrare Eusebio Di Francesco alla Val di Sangro e da lì è iniziata la nostra collaborazione in tutto il suo percorso fino ad arrivare qui alla Roma”.

Che rapporto ha con il mister?
“Il mister è una guida e un sostegno per me e per tutti i collaboratori. Noi cerchiamo di fornire dei validi aiuti per il suo lavoro. Fuori dal campo manifesta sempre tutta la sua umanità perché il mister è una persona di principi che trasmette attraverso l’esempio non a parole. Credo sia un elemento estremamente importante”.

Dall’Eccellenza alla Serie A, è stato un percorso graduale, ma compiuto velocemente. Dopo la laurea in Scienze Motorie, avrebbe mai immaginato di arrivare a questo punto?
“Sognato sicuramente sì, è giusto che ognuno di noi si ponga degli obiettivi che nascono da un sogno. Ho sempre cercato di lavorare in questa direzione, di migliorarmi e poi certo bisogna essere fortunati nell’incontrare le persone giuste”.

Qual è il compito dello staff del mister? In tanti anni insieme oramai siete un tutt’uno…
“Noi dello staff cerchiamo di fare squadra, è necessario esserlo per trasmettere al gruppo le nostre idee di lavoro. C’è unità di intenti, e senza ipocrisia siamo affiatati perché ci vogliamo bene. Siamo legati da sentimenti di assoluto affetto, sempre con le nostre diversità, di vedute e di lavoro. Siamo coesi nell’obiettivo comune. Il bene del singolo è il bene della squadra e viceversa il bene della squadra diventa bene del singolo, e noi per quanto possibile cerchiamo di essere un esempio”.

Come si programma una preparazione atletica? Quanto incide il pensiero del mister nel suo lavoro? E in che modo?
“All’interno della programmazione il pensiero del mister è fondamentale, è lui che determina il percorso da seguire durante la stagione. Per definire la programmazione vanno presi in considerazione molti elementi, il tempo a disposizione, gli obiettivi a breve e media scadenza... A Sassuolo per esempio nel 2015-16 abbiamo fatto l’Europa, il primo obiettivo era superare i preliminari e abbiamo fatto delle scelte precise a breve distanza. Ogni idea va poi contestualizzata all’interno di una lunga stagione come quella che stiamo vivendo qui”.

È cambiato il suo lavoro dal Sassuolo alla Roma?
“Ci sono delle differenze considerevoli, tra la preparazione che abbiamo svolto negli anni scorsi e quella di quest’anno. In primis il calendario a disposizione: a Sassuolo il periodo di preparazione estiva era particolarmente lungo invece alla Roma praticamente non si fa una preparazione tradizionale, basti pensare che tre giorni dopo che siamo partiti per la tourneé in America abbiamo giocato contro il Paris Saint-Germain: non può essere considerata una amichevole di preparazione ma un impegno a tutti gli effetti che va a incidere sul percorso successivo di lavoro. Le differenze sono quindi sostanziali tra le due situazioni… Anche nel corso della stagione, quando ci sono le soste per le nazionali, al Sassuolo si poteva fare un certo lavoro con la maggior parte della rosa, qui invece rimaniamo in pochi a lavorare. Diventa invece fondamentale il lavoro al loro rientro, un impegno di recupero”.

Spesso si dice che la Champions League porti via energie mentali e fisiche. È stato così anche per la Roma in questa stagione?
“Assolutamente sì. Soprattutto nel medio e lungo termine. Nell’immediato si affronta la partita successiva a quella di Champions senza problemi ma si accumula la fatica che nel tempo fa sentire i suoi effetti. Ad esempio la gara vinta contro il Chelsea in casa 3-0: sono tanti i benefici che abbiamo avuto da quella vittoria, la domenica successiva a Firenze abbiamo fatto bene, i dati lo confermano, ma le fatiche di quelle gare si portano dietro, pur cercando di recuperarle, non si cancellano. Bisogna essere bravi a recuperare energie durante la stagione”.

Fazio, in un’intervista rilasciata nel periodo complicato dell’anno, disse: “I dati dicono che stiamo bene fisicamente”. Non è stato un problema fisico quindi?
“È stato un periodo delicato, le valutazioni vengono fatte sempre basandosi sui risultati e i risultati purtroppo non ci hanno dato ragione. Noi abbiamo fatto, insieme al mister, delle valutazioni che non possono prescindere dall’aspetto fisico. Sicuramente non siamo stati brillantissimi, anche se è un termine che non amo usare. Insomma è stato un elemento che può aver inciso insieme a tanti altri, ma posso dire con certezza che la squadra non ha avuto un crollo fisico, i dati ci dicono tutt’altro. Contro Juve e Atalanta i dati dicono che la prestazione fisica è stata di livello, lo stesso delle nostre avversarie. Questo non vuol dire che fisicamente siamo stati eccezionali, ma che è stato uno di tanti elementi che hanno portato ad un risultato che non ci ha sorriso”.

Guardiamo al futuro: Anche contro il Benevento la squadra ha finito in crescendo. È stata ritardata la preparazione per affrontare questa volata Champions e gli impegni fino alla fine?
“Abbiamo impostato la preparazione ponendoci degli obiettivi lungo il percorso che sapevamo di dover fare. Le mete prefisse a volte non si centrano per l’insorgere di inconvenienti che sopraggiungono. Siamo fiduciosi di aver intrapreso un percorso che, salvo imprevisti, ci porterà ad essere estremamente competitivi nel finale della stagione”.


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