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Zeman: "Totti mangiava come un atleta vero. Allenavo i ragazzi facendoli salire sugli spalti"

di Andrea Gonini

Torna a parlare Zdenek Zeman, a Quarta Repubblica su Rete 4, in merito allo scandalo che ha colpito la Juventus e non solo: "I mondiali? Li sto vedendo, sono in Qatar perché la Fifa prende 7 miliardi e mezzo. Io per i soldi non li avrei fatti in Qatar. Nel calcio di oggi ci sono troppi soldi e troppe promesse, perché non tutti arrivano a rispettare quello che hanno promesso".

Sullo scandalo che vede coinvolta la squadra bianconera.
"Penso che la Juventus sia la squadra più rappresentativa nel calcio italiano e nel mondo e quindi quando succede qualcosa con la Juve si allargano le cose. Penso che il calcio rimanga ancora malato e bisogna vedere se si riuscirà ad aggiustarlo. Io penso che non è solo la Juventus che ha usato certe cose. Però, dipende dalle Procure e la Procura di Torino è la più attiva di tutte. Ero tifoso Juventino, finché non ho incontrato la Juventus perché poi per forza non potevo tifare se ci giocava la squadra che allenavo".

Sugli scandali legati al doping.
 "Si spera che siano finiti, anche se non ci si crede visto che WADA ha dichiarato che l’Italia è il Paese con l’uso del doping più alto, in percentuale. Personalmente non ho mai avuto il sospetto che qualcuno dei miei giocatori ne facesse uso, anche se so che un giocatore andava da uno che era riconosciuto".

Sullo sport in generale.
"Chi fa sport vuole migliorare, fare progressi. È vero che facevo allenare i ragazzi facendoli salire sugli spalti, ma l’ha fatto anche Vittori con Mennea e Mennea qualcosa ha vinto".

Sul rapporto tra allenatore e calciatore.
"Su questo dicevano che ero matto perché li controllavo. Non personalmente, ma mandavo i miei amici. Ogni tanto sbagliavano, ma una volta ogni tanto va bene per tutti". E su Francesco Totti: "Totti seguiva le regole. Anche sull’alimentazione non ha mai esagerato. Non so se lo faceva perché c’ero io, ma mangiava come un atleta vero". E sul possibile abbattimento di San Siro: "A me piace tanto. Di abbatterlo non vedo la necessità".

Sulle differenze tra il calcio di oggi e quello del passato.
"A me piace il calcio sul campo: io guardo solo il campo, i soldi non contano niente. Bisogna guardare il campo, i problemi intorno al campo se li devono risolvere loro: se c’è un sistema giusto va tutto bene, sennò va tutto male. Penso che la mia generazione fosse superiore tecnicamente, a quel tempo i ragazzi potevano imparare e giocare, finivamo la scuola e andavamo in piazzetta a giocare. Oggi solo con la scuola calcio si sta un’ora, mezz’ora si parla e mezz’ora si fanno i birilli e non imparano quello che si imparava sulla strada tecnicamente. Ho visto tanti ragazzi che si sono anche laureati, non tutti sono scemi come si dice".

Se tutti possono fare gli allenatori.
"Non credo che si nasca allenatori, si diventa. Magari quelli che hanno giocato e hanno smesso. Ognuno è diverso, ho cercato sempre di trattare tutti come miei figli, so che è sbagliato, loro non sempre lo hanno capito. Non c’è un giocatore che mi ha fatto impazzire, mi potevano far arrabbiare".


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