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Conferenza stampa - Hermoso: "Gasperini mi ha fatto tornare la voglia di allenarmi. L'episodio di Folorunsho? Si commenta da solo"

di Valerio Conti

Domani 11 dicembre alle ore 21:00 (ora italiana), la Roma sarà impegnata nella 6ª giornata della League Phase di Europa League contro il Celtic. Oggi, alle 18:30, il difensore giallorosso Mario Hermoso ha parlato in conferenza stampa. Vocegiallorossa.it vi ha riportato le sue dichiarazioni in diretta.

Cosa è accaduto in campo a Cagliari e se avevi avuto modo in privato di parlare con Folorunsho?
«Non ho avuto nessun contatto con il calciatore, è un tema delicato, non credo che aspetti a me commentare queste parole, quello che è successo in campo, anche perché si commentano da sé. Direi piuttosto che aspetta alla Lega decidere e stabilire fino a che punto determinati atteggiamenti e commenti o parole sono accettabili».

Ti sei mai sentito, in estate, fuori da questo progetto?
«Quando sono arrivato qui a Roma, sono arrivato in un momento difficile per il club. Ci sono stati diversi cambi di allenatori, perché ho vissuto dei mesi complicati sia a livello sportivo che personale. Nel mercato di gennaio ho avuto l'occasione di andare a giocare al Leverkusen e quindi ho ritrovato quelle sensazioni di cui un calciatore ha bisogno. Mi sono sentito importante e fino all'infortunio, diciamo, tutto è andato per il meglio. In vista della nuova stagione, era chiaro che, alla luce dei precedenti negativi avuti nella prima parentesi alla Roma, era difficile per me poter pensare di continuare. Mi sembrava anche che il club stesse cercando dei profili diversi e più interessanti per il progetto che avevano intrapreso, ma quando è iniziata la nuova stagione, grazie al mister, grazie a un colloquio che abbiamo avuto già dal primo giorno, in cui io avevo chiesto di avere l'opportunità di fare un precampionato normale, una preparazione, cosa che non avevo potuto fare nella stagione precedente. Il mister mi ha dato questa opportunità, mi ha detto che mi avrebbe giudicato sulla base del lavoro fatto quotidianamente in campo. Gli sono molto grato, mi ha fatto sentire di nuovo quel piacere di allenarmi, di giocare, di affrontare le sfide senza paura. In questo senso, sento che siamo due persone simili, persone che vanno dritte per la loro strada, senza paura, senza timore. Alla luce di tutto questo, spero di poter continuare questo rapporto, questa collaborazione ancora a lungo, e mi pare che anche i risultati si stiano vedendo a livello mio personale e di squadra».

Mario, una cosa che ci aveva un po’ stupito l’anno scorso, ricordando il giocatore che eri stato all’Atlético Madrid con Simeone – con la tua combattività e il tuo modo di stare in campo – era il fatto che sembravi un calciatore un po’ diverso. Quest’anno, invece, vedendoti nella Roma, abbiamo ritrovato molte di quelle caratteristiche. Al di là delle differenze tra gli allenatori, perché è evidente che Simeone e Gasperini hanno idee molto diverse, voglio chiederti se tu stesso hai ritrovato qualche punto di contatto tra i due nel modo in cui ti fanno giocare e che ti sta permettendo di esprimerti così bene adesso.
«Come è stato detto pochi minuti fa, il mister è stato uno dei pionieri, uno dei primi a introdurre la difesa a tre, questo modo non soltanto di difendere, ma anche di impostare l'uscita di palla, questo modo di creare superiorità, partire da dietro, tagliare fuori l'attaccante avversario, creare lo spazio per i centrocampisti, per gli attaccanti, i continui inserimenti. È un tipo di calcio che a me piace molto, al quale mi adatto bene, sia con che senza la palla. È vero, come ho detto prima, a livello personale e a livello fisico, quando sono arrivato la prima volta non era per me un buon momento, soprattutto dopo tanti anni trascorsi all'Atlético Madrid. Poi, le affinità con Simeone probabilmente questa grande capacità, che fa la differenza a livello di allenatori, è il saper trasmettere qualcosa alla squadra: dentro il campo, dentro lo spogliatoio, a delle rose composte da 23-25 calciatori con culture diverse, lingue diverse, un modo diverso di intendere il calcio. È un’operazione estremamente complessa far sì che, indipendentemente dal giocatore che scende in campo e da qual è il suo ruolo, si vada tutti nella stessa direzione».


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