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Una crisi di identità e una frattura che solo i calciatori possono risolvere

di Alessandro Carducci
Fonte: L'editoriale di Alessandro Carducci

Era da anni che non si percepiva uno scollamento così profondo tra la proprietà e la tifoseria. La stessa proprietà che, subentrando a Pallotta, aveva avuto l’intelligenza di intercettare alcuni desideri e bisogni dei tifosi, adesso sembra lontanissima da questa città. Lontanissima fisicamente e, soprattutto, con il cuore.

UNA FRATTURA PROFONDA - Cacciato Mourinho, i Friedkin hanno preso De Rossi per non far crollare la struttura. Un feticcio che ha placato la protesta, ma che poi ha convinto la proprietà a puntare su di lui, facendogli un contratto di tre anni. Il resto è storia: poche settimane e quel contratto è stato stracciato e, con esso, anche il rapporto con la tifoseria. Le dimissioni della CEO, che ha grosse responsabilità su come siamo arrivati a questa situazione, non hanno spostato molto. I Friedkin, adesso, appaiono nella migliore delle ipotesi totalmente lontani e distaccati dal mondo Roma.
La società è senza un CEO mentre il Responsabile dell’Area Tecnica è arrivato solo a ridosso dello scorso calciomercato, nonostante si sapesse da gennaio dell’addio di Tiago Pinto. Un caos che ha trovato il culmine con la cacciata di De Rossi dal tempio, come un mercante qualsiasi, e con le dimissioni della CEO pochissimi giorni dopo. Un vuoto di potere riempito da Ghisolfi, lasciato in naftalina per mesi. Non possono, però, essere Ghisolfi (arrivato da pochi mesi) né Juric (arrivato da pochissime settimane) a recuperare il rapporto con i tifosi, né può essere un comunicato della proprietà a scaldare i cuori della gente. Dovranno essere i calciatori a riempire questo vuoto, a ricreare un collegamento con i tifosi, collegamento reciso in questi mesi, soprattutto nelle ultime settimane.Un


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