Conti: "Roma è la squadra del mio destino. Di Bartolomei, Ancelotti e Pruzzo sono quelli rimasti più vicini al mio cuore"
Bruno Conti, ex calciatore ed attuale coordinatore del settore giovanile della Roma, ha rilasciato un’intervista a Il Foglio. Di seguito uno stralcio delle sue dichiarazioni: “Sono nato a Nettuno dove, sullo sfondo c’è uno dei mari più cari ai romani. Da ragazzino l’estate giocavo a baseball, lo sport che aveva regalato fama e gloria alla mia città. Ero uno ottimo lanciatore mancino e sembravo predestinato a una carriera luminosa. Il presidente del Nettuno Alberto De Carolis e il suo collega del Santa Monica chiesero a mio padre l’autorizzazione a portarmi in America. Lui ci pensò su una mezzoretta e poi declinò l’offerta. Due anni dopo ero un calciatore della Roma, la squadra del mio destino”.
Lo Scudetto e la finale di Coppa Campioni persa all’Olimpico
“Perdere la Coppa all’Olimpico, in uno stadio stracolmo di tifosi e di bandiere e, per di più, ai calci di rigori, dove purtroppo sono stato uno dei due a sbagliare, è stato, come può bene immaginare, un colpo al cuore. Non ero un rigorista. Ho tirato. Ho sbagliato. Succede, ma non doveva succedere proprio allora e proprio a me. Alcuni giornalisti scrissero che nessun calciatore al mondo aveva mai vinto, in tre anni consecutivi, un campionato del mondo, uno scudetto e una Coppa dei Campioni. Quel triplete mancato, che sarebbe stato archiviato come un unicum irripetibile, ancora un po’ mi brucia”.
Il rapporto con i giocatori di quella squadra
“Al primo posto metto Agostino Di Bartolomei, il mio capitano, il mio leader, il mio amico. Dopo Agostino, quelli rimasti più vicini al mio cuore sono Ancelotti e Pruzzo, di cui ero già stato compagno di squadra al Genoa e commilitone durante il servizio militare. Eravamo fatti per giocare insieme. Io gli passavo la palla e lui gonfiava la rete. La Roma è stata e rimane la mia vita.”.
Il gol più bello in carriera
“In cima ne metto due. Uno è il bolide da trenta metri, che decise un derby nel 1977. L’altro, quello segnato al Perù, nel girone eliminatorio dei Mondiali, calciando di destro, che non è mai stato il mio piede, sotto l’incrocio dei pali”