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De Rossi: "Allenerò la Roma quando me lo sarò meritato. Mourinho porta entusiasmo"

di Marco Rossi Mercanti

Daniele De Rossi ha rilasciato un'intervista a SportWeek, inserto de La Gazzetta dello Sport, di cui vi proponiamo uno stralcio.

Perché hai deciso di lasciare lo staff di Mancini?
"È stata una scelta difficile perché mi sono trovato splendidamente. Io ho dato forse un 1 per cento e loro in cambio mi hanno permesso di vivere un'esperienza indimenticabile. Sarò sempre debitore verso la Nazionale Però ho chiaro cosa voglio fare: allenare. E per quanto possa sembrare strano, visto che ho solo 38 anni e non mi sono mai seduto in panchina, mi sento pronto. Continuare con la Nazionale, aspettando la prima panchina libera, non avrebbe senso e non sarebbe corretto verso la Federazione e verso Mancini che con me si è comportato in modo fantastico".

Come è nata la possibilità di entrare nello staff azzurro?
"Quando lasciai la Roma il mister mi invitò a casa sua e mi offrì la possibilità di diventare un suo collaboratore. Lo ringraziai, ma rifiutai perché avevo già in testa il sogno di giocare con il Boca Juniors. Mi guardò come fossi matto, ma lasciò una porta aperta: "Anche il giorno prima che cominci l'Europeo, se avrai voglia di unirti a noi chiamami. Ci serve uno come te".

Durante l'Europeo c'era la sensazione che si poteva vincere?
"Sì, per la qualità, la continuità e la coralità del gioco. Poi per alzare la coppa deve anche dirti bene. Successe anche a noi azzurri nel 2006. Se Totti non segna quel rigore all'ultimo minuto con l'Australia..."

Il tuo riscaldamento prima della finale: l'ultimo passaggio tra il calciatore e il tecnico De Rossi?
"Credo che quest'esperienza mi sia servita per attraversare metaforicamente una porta. Il riscaldamento l'ho fatto perché allenavo i portieri e altrimenti mi sarei stirato, ma mi sarebbe piaciuto da morire giocare la finale. Però mi è piaciuto altrettanto leggere la partita, gestendo le emozioni in tribuna con giacca e cravatta. Quel tuffo sul tavolo è stato un riconoscimento per quello che i ragazzi avevano fatto".

Qual è il calcio di mister De Rossi?
"Alt. Quando giocavo, sentir dire da un allenatore il suo calcio già mi urtava. Facile dire che amo una squadra offensiva, il mio calcio è senza etichette. Serve il giusto mix tra idee e qualità della rosa. Si devono rispettare le radici e la tifoseria. Non c'è il mio calcio, ma quello che è giusto proporre in base a tante componenti".

L'allenatore perfetto tra quelli che hai avuto?
"Farei torto a qualcuno, tra Roma e Nazionale ne ho avuti tanti. Avere Capello a 18 anni lo augurerei a qualsiasi ragazzo. Il primo Spalletti è stato geniale. Luis Enrique proponeva un calcio nuovo, Conte è un martello. Con Zeman non mi sono trovato bene, ma il suo gioco offensivo era spettacolare".

Quanto ti piacerebbe allenare la Roma?
"Tutti sanno cosa è stata e sarà sempre per me la Roma: una seconda pelle, un amore appassionato e puro. Certo che mi piacerebbe allenarla, quando sarò pronto e me lo sarò guadagnato per il mio valore da tecnico e non per il mio passato da calciatore. Credo che accadrà un giorno, ma è un desiderio e non un'ossessione. Ora voglio fare le mie esperienze in Italia o all'estero".

I tifosi ti avrebbero voluto come vice di Mourinho.
"Era il desiderio della gente, ma a chiunque sostiene che Mourinho potesse avere bisogno di me consiglio di andare su Wikipedia e vedere quello che ha vinto. Ecco, vi assicuro che l'ha vinto senza di me".

Che porterà Mourinho alla Roma?
"Ancora prima di arrivare aveva già dato tanto. Aspettative, sogno, entusiasmo. Quello di cui si ciba ogni tifoso. Dopo l'addio di Totti e il mio, trovare una nuova identificazione era una necessità forte del tifoso della Roma".

La gente sognava anche il ritorno di Totti alla Roma.
"Mi sembra sereno e soddisfatto del suo nuovo ruolo di agente, che gli permette anche di godersi la famiglia. Ma spero anch'io di rivederlo un giorno nella Roma. Invece di ripetere che non era pronto, che avrebbe dovuto studiare, io credo che Francesco avrebbe meritato una vera chance come dirigente, perché lui sa tanto di calcio. Non essere considerato e valorizzato lo aveva spento e deluso. Mi faceva male vederlo così".


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