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L'ex allenatore Vecchi: "Zaniolo ha grandi qualità. La Roma lo ha voluto fortemente"

di Pietro Mecozzi

Stefano Vecchi conosce Nicolò Zaniolo. Insieme hanno conquistato lo scorso Scudetto Primavera con il neo romanista assoluto protagonista. L'attuale tecnico del Venezia, intercettato dai microfoni de Il Romanista, ha parlato del suo ex calciatore e della sorprendente chiamata in azzurro.

Sulla convocazione in Nazionale.
«Però la convocazione di Zaniolo in nazionale maggiore, ancor prima dell’esordio in serie A, devo ammettere che mi ha sorpreso. Sicuramente sarà stata un premio, ma sarà anche uno stimolo ulteriore per lui, può spingerlo a dimostrare che può fare anche tra i grandi quello che ha già fatto in Primavera. Anche perché Di Francesco è un tecnico che i giovani bravi li lancia volentieri».

Dove nasce questa convocazione?
«Immagino con l’Under 19, a luglio: ha fatto un ottimo Europeo, trascinando l’Italia in finale. Mancini quel torneo lo ha seguito».

Lei invece quando lo aveva visto, per la prima volta?
«Nell’Entella Primavera, che aveva trascinato anche alla finale di Coppa Italia, contro la Roma. Ci avevamo giocato contro, e mi aveva fatto un’ottima impressione».

Aveva già 7 presenze in B con la Virtus Entella.
«Era un periodo in cui l’Inter aveva deciso di investire sulla Primavera, lui era uno dei nostri primi obiettivi. E non avevamo assolutamente sbagliato: in Primavera ha fatto veramente benissimo».

Quanto lo avevate pagato?
«Le cifre esatte non le so, credo un milione e mezzo, forse c’erano anche dei bonus».

Insieme avete vinto tutto. E sistemato il bilancio. Se lo aspettava, che il suo ex club vendesse tutti i suoi giovani migliori?
«Mah… l’Inter quando ha potuto monetizzare i suoi giovani lo ha sempre fatto. Volevano fare l’instant team, e non potevano aspettare tutti. E la Roma per Zaniolo ha insistito parecchio. Noi siamo contenti di aver dato il nostro contributo: non abbiamo inserito giocatori in prima squadra, è vero, ma abbiamo aiutato il club a non cedere uno dei pezzi grossi».

Che giocatore è Zaniolo?
«Uno che ha grandi qualità fisiche e tecniche. Ha una bella struttura, e un bel mancino. Con i pari età era un giocatore che faceva la differenza. Poi è chiaro, può ancora migliorare in tutto, come ogni ragazzo della sua età».

Ha giocato sia da trequartista che da interno.
«Ma lui non è un vero e proprio fantasista. Ci giocava all’Entella, ma più che altro perché era il più bravo di tutti. E anche all’Inter ce l’ho messo qualche volta. Ma per me, ad alti livelli, in serie A, ha le caratteristiche per diventare una mezzala moderna. Un giocatore alla Lampard, alla Gerrard. Da trequartista può sfuttare la sua grande fisicità e la sua bravura negli inserimenti offensivi, un po’ come faceva proprio Nainggolan. Ma con un po’ di pratica può inserirsi anche da mezzala: è quello per me il ruolo in cui può fare carriera».

Difetti?
«In Primavera, con noi, faceva la differenza. E gli riusciva talmente facile, che a volte si accontentava un po’… Alla Roma, per conquistarsi un posto in prima squadra, dovrà spingere al 100%».

All’Inter però con i grandi non ha mai giocato.
«Era stato preso in ottica prima squadra. Ha fatto il ritiro con Spalletti, e si è allenato spesso con loro durante l’anno. Ma nella scorsa stgione l’Inter non aveva tanti impegni, non c’erano le coppe Europee, in Coppa Italia è uscita presto, e l’organico era numeroso. Non era facile, trovare spazio con i grandi».

Caratterialmente che tipo è?
«Un bravo ragazzo, che sa comportarsi, e farsi volere bene. In campo è un trascinatore, ma con i fatti: non è uno che parla molto».

Era il migliore, dei suoi?
«Avevo tanti giocatori bravi, come Odgaard, o Emmers, che ora sta alla Cremonese. Ma per continuità, Zaniolo e Bettella, ceduto all’Atalanta, sono stati i migliori».

Ma ora che è andato ad allenare in serie B, non ha provato a fargli una telefonata?
«Certo che sì. Dovevamo cedere Pinato, che poi non è più andato via, e io avevo fatto subito il suo nome. Abbiamo chiamato la Roma, per chiederlo in prestito, ma ci hanno risposto che Di Francesco non voleva farlo partire».


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