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Pellegrini: "La fascia è una responsabilità. La mia sta anche nel far capire ai nuovi che questa non è una maglia qualunque e la Roma non è un posto di passaggio"

di Marco Campanella

Come vi abbiamo anticipato mercoledì e ierioggi è stata pubblicata l'intervista completa di Lorenzo Pellegrini, in compagnia della moglie, sulle colonne di Sportweek. Ecco le parole del capitano della Roma

Se la Roma vincesse lo scudetto, sarebbe disposto a ripetere il Cammino di Santiago?
"Certo. E anche a fare molti chilometri in più".

Essere capitano nella Roma è un onore, ma anche un onere?
"A noi piace la semplicità in cui viviamo, ma per me le cose sono cambiate. La fascia è una responsabilità, in campo e fuori. La mia sta anche nel far capire ai nuovi che questa non è una maglia qualunque e la Roma non è un posto di passaggio".

Be’, per molti campioni, da Alisson a Salah, in questi anni lo è stato.
"Questo è un discorso più ampio. Le cose stanno cambiando. Comunque anche in passato ci sono stati tanti che volevano restare a tutti i costi e non lo hanno potuto fare, ma queste cose non devono competerci. Io faccio riferimento allo spirito che deve animare chi arriva a giocare nella Roma".

Essere capitano dopo Totti e De Rossi è difficile?
"Ho vissuto lo spogliatoio con Daniele e ho avuto un rapporto incredibile con Francesco nonostante avesse smesso. Loro sono stati grandi esempi. Soprattutto nell’approccio con chi arrivava dalla Primavera".

Non è strano che siano fuori dalla Roma?
"Penso che sia strano per tutti. Sono state due leggende e per il rapporto che ho avuto con loro dico che mi piacerebbe vederli ogni giorno a Trigoria. Ma penso anche che sia da rispettare le scelte che hanno fatto. Hanno intrapreso un percorso e non gli stanno regalando nulla, anche se si chiamano Totti e De Rossi".

Primo luogo comune: è stufo di sentire dire che uno scudetto a Roma ne vale dieci altrove?
"Sì. Questa frase fa parte della mentalità da cambiare. Se lo vinci e sostieni che ne vale dieci, significa che pensi sia stato un caso vincerne uno. La Juve ha vinto tanto per la loro mentalità, noi ci siamo avvicinati ma ci è sempre mancato qualcosa. Dobbiamo fare uno scatto in avanti".

A Roma si è parlato molto di arbitri.
"E invece bisogna fare un passo indietro, perché nessuno ce l’ha con noi. Anche io mi sono lasciato troppo andare negli atteggiamenti. Certo, spero che episodi come quello con il Milan non si ripetano, perché ci aspettiamo che tutto col VAR sia perfetto, ma occorre cominciare ad avere un atteggiamento migliore con loro".

Sono molto diversi Mancini e Mourinho?
"Sì. Mourinho ti trasmette qualcosa che, se non hai, comunque viene fuori. Mancini ti dà serenità, così rischi una giocata che altrimenti non rischieresti. Mourinho chiede molta verticalità, Mancini cerca più il possesso palla per avere la partita in controllo. Una volta, ad esempio, stavamo facendo un esercizio a Coverciano e lui ci chiamò tutti in mezzo al campo. Ho pensato Adesso ci rimprovera. E invece ci disse: Ragazzi, ma siete bravissimi! Dovete credere di più in voi stessi. Ecco, Mancini comunica tranquillità".


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