Bavagnoli: "Serve coraggio nell'aumentare gli investimenti. Se non fossimo preparati a momenti difficili sarei preoccupata. Prima di Giacinti eravamo vicini a un'altra importante centravanti"
Fonte: dall'inviato a Barcellona Gabriele Chiocchio
Roma Femminile e non solo: Elisabetta Bavagnoli, Head of Women's Football della Roma, ha rilasciato una lunga intervista ai cronisti presenti a Barcellona per la sfida di ritorno dei quarti di finale di Women's Champions League. Ecco le sue parole: «È stato già detto tutto sulle nostre fatiche, sul nostro periodo. Per me Betty sono importanti i ringraziamenti e per questo ho chiesto di avere la possibilità di parlare con voi, di far presente quello che è un percorso di cui è stato detto tutto. Quello che abbiamo raggiunto la scorsa settimana a Roma, nella partita del record di presenze all’Olimpico, non sarebbe stato possibile senza il supporto dei media e delle persone che hanno speso parole importanti, parole di grande incoraggiamento e di grande sensibilizzazione nei confronti del calcio giocato dalle donne».
VG - La Roma dal giorno 0 sta sempre crescendo, la Champions League è il vertice di questo entusiasmo. In generale, sareste pronti, vi state preparando a un momento di difficoltà qualora si presentassse?
«Se non fossimo pronti a questo sarei molto preoccupata. Dico la verità: la squadra, io, noi, tutti quelli che stanno lavorando, non dobbiamo mai dimenticare da dove siamo partiti. Tutti devono ricordarsi l’umiltà: sarei arrabbiata se non succedesse. In un percorso, in una cavalcata come quella della Roma di quest’anno, dove tanto è andato bene, certo che può esserci un momento di difficoltà. E se noi non siamo pronti ad affrontarlo, vuol dire che non siamo pronti ad affrontare una squadra di alto livello».
VG - Quali sono stati i problemi da superare per arrivare a giocare allo Stadio Olimpico?
«Personalmente non conosco fino in fondo queste difficoltà. So soltanto delle problematiche di giocare all’Olimpico con due squadre maschili e il rugby. Non è stato semplice, non so dire cosa sia stato risposto alla mia società. Abbiamo sempre provato. Devo dirti altrettanto onestamente che non ci ho provato tre-quattro anni fa, ma da un anno a questa parte perché credo che ora sia arrivato il momento di sensibilizzare».
VG - Giacinti è l’attaccante top che è stata presa in questi cinque anni: perché si è arrivati così tardi a rafforzare questo ruolo? Questioni di budget o volontà di dedicarsi ad altri reparti?
«Abbiamo provato da tanto, anche quando ero allenatrice abbiamo provato a prendere un centravanti che avesse le caratteristiche adatte al nostro modo di giocare. All’inizio sì, era una questione di budget, poi non è semplice perché ci sono anche le squadre avversarie e un discorso di disponibilità della calciatrice. Abbiamo sempre pensato da uno-due anni a questa parte a Valentina Giacinti, ma non era una calciatrice libera. Prima di Giacinti abbiamo provato a portare una centravanti importante straniera, ma all’ultimo momento è andata altrove perché aveva ricevuto un’offerta diversa. Non siamo qui a dire che va tutto bene, una delle cose che abbiamo ampliato è la nostra area scouting. Ci stiamo muovendo per il futuro e sappiamo che bisogna aggiungere tasselli».
Qual è il rapporto con Pinto e i Friedkin? C’è un budget annuale? Il Barcellona spende 10 milioni di euro l’anno.
«All’inizio del nostro percorso, avevamo parlato di cifre. Credo che l’investimento iniziale dei primi tre anni fosse di un milione e mezzo circa. È evidente che oggi non possa dare una cifra precisa, ma che questa cifra sia aumentata. Sono sinceramente grata alla nostra proprietà, perché ho vissuto la storia del calcio femminile. È inutile tornare su questi argomenti, che sono sempre attuali, ne parlano anche le giocatrici del Barcellona. Non è scontato, non era scontato che un club decidesse di investire, perché il problema sono anche i ritorni e in questo momento il femminile non ne ha tantissimi, anzi, non ci sono ritorni. Gli americani hanno una visione del calcio femminile diversa, hanno deciso di accettare questa sfida con due obiettivi. Ho avuto da subito un bellissimo rapporto con il GM, con Tiago Pinto, e devo dire, con tutte le persone che in questo momento mi incontrano a Trigoria, Lombardo, Berardi, non avevo mai vissuto un rapporto così importante. Quando all’inizio parlai con Tiago Pinto, che mi chiese di occupare un ruolo diverso, dissi non che non mi sarei accontentata, ma che sono una ex calciatrice. Entrare in questo stadio (il Camp Nou, ndr), per me, per queste ragazze, quello che stiamo raggiungendo con tanti sacrifici, tante lotte, era quello che sognavo da bambina e continuavo a volerlo sognare da allenatrice e da dirigente. Per cui dissi a Tiago che ci sono due percorsi, il primo è seguire quello che la Roma ha fatto fin dall’inizio, quando nel 2015 entrò la riforma del calcio femminile, il coinvolgimento delle società maschili professionistiche. C’era la possibilità di scegliere: o acquisire il titolo di una società esistente, o iniziare dalla base ingaggiando 20 giocatrici Under 21 e la Roma ha fatto la seconda. Io credo che questa sia comunque sempre la soluzione migliore e che fosse il passo corretto da fare. Dissi a Tiago che il percorso dobbiamo seguire è quello che abbiamo iniziato, con un investimento inteso come il settore giovanile. Non è un caso che la Roma sia una squadra che ha un grande settore giovanile, un’ottima scuola calcio, ha dei numeri importanti. Nell’altro percorso dobbiamo crescere, scalare posizioni, arrivare con la Prima Squadra, perché la Prima Squadra è una vetrina per le giovani, così come la nazionale è una vetrina per tutte le calciatrici. Dobbiamo portare avanti i due percorsi in maniera parallela. Ovviamente mi avevano fatto presente un budget per cui bisogna stare attenti, così come nel calcio maschile. Abbiamo fatto questo, siamo stati attenti al budget, abbiamo cercato di lavorare molto bene e dico molto bene perché non c’è la perfezione. Siamo riusciti a fare un buon lavoro col settore giovanile, un ottimo lavoro e non è un caso essere stati Campioni d’Italia per 3 anni con la Primavera. Ma per me i risultati nel settore giovanile sono relativi, per me conterà quando le nostre ragazze esordiranno in Prima Squadra, come Giada (Greggi) o Zara Kramzar, che non è nata nel nostro settore giovanile ma che rappresenta l’obiettivo del nostro settore giovanile. Siamo sulla strada giusta, ma anche perché ci sono dei risultati».
Ti senti più soddisfatta ora da dietro le quinte? O sei un po’ “invidiosa” di non poter vivere in prima persona quello che Spugna sta vivendo?
«Me lo sono chiesto tante volte all’inizio, ho superato due anni fa i primi mesi in cui è stato difficile per me lasciare il campo. Sono sincera, non posso dire di averlo fatto volentieri. Io sono un tecnico, non sono nata dirigente. All’inizio ho fatto fatica. Altrettanto sinceramente, ero combattuta, mi chiedevo se stessi facendo la cosa giusta. Ma ho sempre risposto a questa domanda, e la risposta che ho sempre dato è che questo mi fa sentire bene, serena. Mi sono chiesta se avessi potuto fare qualcosa di più e di meglio, è importante la costruzione, il coinvolgimento. Credo di aver dato tanto a questo gruppo, di averlo iniziato. Adesso posso dire che ho fatto anche qualcosa di più di quello che ero riuscita a fare, non è un discorso di risultati, perché i risultati vengono, ma è un discorso di visione. Quando sono entrata in questo ruolo, ho cercato di condividere insieme ai miei compagni di viaggio quella che era la mia visione. Che non era la stessa di tante altre persone, di conseguenza con Tiago sono stata molto sincera. Le cose vanno fatte in un certo modo, ho chiesto se mi fossero vicini e lui mi ha risposto di sì. Sono molto serena e contenta che un allenatore come Alessandro (Spugna) possa star vivendo una cosa del genere. Non solo lui, lui e tutti i ragazzi, le ragazze e lo staff, che era lo stesso che stava con me. C’è gente che non è tutta la vita che vive il calcio femminile e questo l’ho trovato meraviglioso. Ci sono tante cose che devono essere migliorate, comunque».
Qualora la Roma vincesse lo scudetto andrai a bussare per chiedere qualcosa in più?
«Hai iniziato dicendo “se”. Io non mi tirerò mai indietro dall’andare dai miei responsabili a chiedere di fare qualcosa in più, se è possibile fare di più, perché quello che poi abbiamo mostrato è che ci sta la voglia e la volontà. Siamo stati accompagnati in questo percorso. Come vi ho detto all’inizio sono grata, ma non avevo mai neanche vissuto una cosa del genere. Non mi dimentico il grande supporto che il mio club mi dà e non ho dubbi che il mio club continuerà a darci supporto. Non so dirvi in che termini, perché comunque stiamo anche attenti, se parliamo di rispettare il budget lo fanno anche nel maschile e sapete quanto dobbiamo essere attenti».
La Roma deve continuare a crescere, il movimento italiano deve continuare a crescere, i premi non sono tali che l’Italia diventi una cassa per raggiungere movimenti più avanzati. Raggiunto l’obiettivo dello scudetto, come continuerà questa crescita? Come immagina questa Roma Femminile nel prossimo futuro, qual è il punto di arrivo?
«Hai fatto una domanda che racchiude tanto della problematica e del significato che noi che lavoriamo nel calcio femminile stiamo cercando di estrapolare e condividere. Io non penso che il destino della Roma Femminile possa dipendere solo da noi stessi e potrei dire lo stesso delle altre società. Sto dicendo una cosa che credo sia fondamentale, anche come Italia abbiamo bisogno di evolverci come investimenti, e per evolverci siamo sempre lì, è un cane che si morde la coda. La gente risponde che il calcio femminile non genera ricavi. Io credo che ci dovrà essere qualcuno che deciderà di iniziare a investire e aumentarli, in FIGC lo sanno. La domanda è: prima l’uovo o la gallina? Il calcio femminile ha dimostrato di poter generare interesse. Ma non può sostenersi da solo, solo con le società. Dobbiamo avere il coraggio di aumentare i nostri investimenti in campo nazionale, la Federazione sta lavorando su questo. Quello che è stato fatto non è sufficiente, benché da apprezzare».
Chi deve metterlo il coraggio?
«Tutti. Le compagnie, le aziende, noi, le società che devono andare avanti a investire, la Federazione, la Divisione, gli Sponsor, le aziende. Copiare gli altri paesi? Io sono attenta alle esigenze. Qualcuno ti può dire che la situazione italiana non è la stessa che altrove. Forse è vero. La riforma del 2015 però non è una cosa nata all’improvviso, sono i paesi europei più evoluti, che hanno iniziato a investire prima, ad aver fatto una cosa del genere. Noi abbiamo copiato. Non è mica una vergogna ispirarsi. Credo che tutti dobbiamo sentirci responsabili del cammino che deve fare il calcio femminile, in un futuro sono convinta che il calcio femminile possa diventare una risorsa. Ovviamente sempre in maniera parametrata, non possiamo generare gli introiti del maschile. Ma non ci sarà niente senza il coraggio».
Le due nazionali hanno giocato una al Maradona e l’altra giocherà al Tre Fontane. Cosa ne pensi?
«La differenza c’è. Ma da questo punto di vista sono consapevole di questo. Cinque anni fa il sogno era la serata dell’Olimpico. Ma il mio sogno era il mio sogno da ex calciatrice, da persona che vorrebbe fare tanto. Non posso negare, non possiamo negare che ci sono delle problematiche. Che in una città come la Capitale ci sia un unico stadio… ci sono tanti problemi. Siamo dovuti andare a Latina e voi l’avete fatto presente e in questo ci avete aiutato. Abbiamo smosso qualcosa, ma la situazione non si è trasformata. Ho la pazienza di aspettare, di cercare di capire quale possa essere la situazione futura in una città come Roma, ma anche nelle altre città. È evidente che una serata come quella della scorsa settimana credo sia piaciuta a tutti, che sia stata meravigliosa. È normale che una serata come quella dell’altra sera ti dia la consapevolezza di non essere più una meteora, di poter aspirare a giocare all’Olimpico. Spero che ci siano altre occasioni. Se una società è proprietaria di uno stadio è una cosa, se non lo sei è un’altra. Se la Roma riuscirà nel progetto meraviglioso dello stadio sicuramente ci sarà uno scenario diverso. Per quanto riguarda la nazionale ci sono stati palcoscenici importanti. La scelta del Tre Fontane non so commentarla, ma abbiamo visto la nazionale anche in altri stadi. È una questione relativa, anche per la nazionale femminile ci sono stadi importanti».
Ti piace la formula del campionato?
«Con simpatia possiamo dire che siamo stati un po’ sfortunati (ride, ndr). A parte gli scherzi, il calcio femminile ha sempre lottato per abbassare il numero delle squadre per alzare la qualità. In questo momento mi viene da chiedere se fossimo stati in venti cosa sarebbe successo. È come se si stesse cercando di trovare la formula giusto. È fuori discussione che la seconda parte del campionato sia molto combattuta, molto intensa, sicuramente anche spettacolare. Hanno cercato una formula che desse la possibilità di allungare una competizione mantenendo alta la qualità. All’inizio ero curiosa, oggi, a parte la battuta iniziale va bene. Vediamo cosa diremo alla fine».
Hai ricevuto messaggi dal presidente e da Tiago Pinto?
«Sempre. Mi mandano sempre un messaggio, anche dopo le partite e anche quando abbiamo vissuto dei momenti negativi, posso sembrarvi smielata ma è così. I messaggi di supporto, quando una squadra perde e non vive il momento migliore penso che siano più importanti dei complimenti. Ryan ce li ha mandati, Tiago Pinto anche, con il presidente ci sono stati diversi momenti e contatti diretti».
Quest’anno la Roma segna di più e vince più partite di quelle che in precedenza non avrebbe vinto: qual è stato il click?
«Quello che sto per dire è molto importante per me. Prendere calciatrici, aggiungere, inserire calciatrici con un’esperienza internazionale come quella delle calciatrici che abbiamo inserito ci ha aiutato tanto e ha aiutato tutta la squadra a crescere. Se chiedete alle ragazzine, si cresce guardando la calciatrice grande. La seconda ragione è un allenatore che ha portato la sua idea di gioco ed è un’idea di gioco importante, molto vicina a quella del Barcellona. È l’idea di voler dominare, mantenere il possesso palla, voler essere sempre costruttivi, voler giocare e mantenere il possesso partendo dal basso, voler essere aggressivi e voler riaggredire l’avversario a palla persa. Questo è uno dei princìpi che ha sempre accompagnato la Roma e lui li ha sposati in pieno, aggiungendo le sue idee. Allo stesso tempo, la Roma ha messo a disposizione di Spugna uno staff importante, uno staff che abbiamo cercato di ampliare ulteriormente, abbiamo cercato di fare in modo che il nostro allenatore non dovesse preoccuparsi di nulla. Lo abbiamo ampliato in termini di collaborazione tecnica: quando allenavo io eravamo in 3, ora siamo in 7. C’è un’area performance importante, con grande cura del dettaglio. Riposo, alimentazione, recupero dalla fatica e dal ciclo mestruale. C’è un’area tecnica che è stata progressivamente integrata, abbiamo cercato di mettere il nostro allenatore nella condizione migliore di lavorare, di essere supportato e di avere attenzione e cura di dettagli. Non sei sempre in grado di controllare tutto, ti servono persone vicino a te che ti permettano di esprimere le tue idee. Questo ha fatto la differenza, la qualità dell’organico e la capacità delle calciatrici che non giocano spesso di stare in un certo modo all’interno della squadra, è una delle cose più importanti, saper gestire che non sono tutte le settimane titolari. La loro bravura, il loro senso di appartenenza con questa squadra, in questo gruppo, senza polemiche. Vi assicuro, non è una cosa semplice. Posso sembrare emozionale, ma quando ho parlato dei ringraziamenti, questi sono i ringraziamenti per le persone che hanno contribuito a tutto questo. Attenzione al budget ma dobbiamo anche portare qualità».
Avete visto Wolfsburg e Barcellona: qual è la prima cosa che copierete, alla quale vi ispirerete di più?
«Il problema è che sono tante le cose che vorremmo copiare dal Barcellona. Non so se possiamo dirlo. Come si fa a dire? Copierei La Masìa. Tutti copierebbero La Masìa, stiamo parlando di una società che è un’ispirazione e un esempio, anche nel calcio maschile. Quello che stiamo cercando di fare al Giulio Onesti è portare tutte le nostre squadre lì. Questa è la prima cosa, ma lo stiamo facendo in un centro che non è il nostro. Attraverso il grande lavoro dello staff stiamo cercando di dividerci gli spazi così importanti all’interno del nostro centro di allenamento con tutta quella cura del dettaglio che viene fatta dal Barcellona. Il problema è che non potremo mai eguagliare una cosa del genere perché il centro sportivo non è tuo. Non puoi mettere foto e cartelloni, la prima cosa che avrei fatto è mettere foto delle nostre ragazze. Lo stiamo facendo in piccolo: dentro alla club house, agli uffici, abbiamo messo le scritte nostre, della Roma. Stiamo cercando, nel nostro piccolo, di copiare, di fare quelle cose che sono importanti anche per una calciatrice. Abbiamo rifatto uno spogliatoio dove si allena la squadra con i nostri colori, le cose importanti. Vi potrà sembrare stupido, ma sono cose importanti. Quando siamo arrivati cinque anni fa le calciatrici non avevano questo, ora quando arriva una straniera, anche importante, una volta entrava e c’era lo spogliatoio semplice, ora c’è anche questo. Vogliamo provare a dare i comfort massimale alle nostre atlete».
Andressa avrà la maglia della Roma l’anno prossimo?
«Con molta onestà vi devo dire che non ci siamo occupate dei vari rinnovi, oltre a lei ce ne sono altri. E non l’abbiamo fatto perché questo periodo era troppo difficile. Appena rientriamo, ci occuperemo delle giocatrici che vogliamo far restare a Roma. Non vorrò mai separarmi da giocatrici importanti. Appena rientriamo ci metteremo a lavoro per fare i rinnovi che servono delle calciatrici che mancano. Questo è ciò che posso dire, c’è ovviamente anche la controparte».
Puntate a essere la locomotiva del movimento?
«Mi piacerebbe essere questo. In quest’ultimo periodo abbiamo ricevuto tanti complimenti, da voi e da chi segue il calcio femminile. Ora siamo emerse con grande volontà, la cosa più importante è riuscire a mantenersi. In questo momento siamo primi, la nostra forza sarà quella di affrontare i momenti difficili e mantenerci a questi livelli».