.

Scacco Matto - Roma-Barcellona 3-0: la somma perfetta di filosofia e pragmatismo

di Gabriele Chiocchio
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio

La Roma rende possibile l'impossibile: con i gol di Dzeko, De Rossi e Manolas ribalta il 4-1 del Camp Nou ed elimina il Barcellona dalla Champions League.

LE SCELTE - Grande novità nel modulo di gioco, con Di Francesco che per la prima volta sceglie la difesa a tre dal primo minuto. Davanti ad Alisson giocano Konstantinos Manolas, Federico Fazio e Juan Jesus, con Alessandro Florenzi e Aleksandar Kolarov ai lati del centrocampo, composto da Daniele De Rossi e Kevin Strootman. Radja Nainggolan gioca qualche metro più avanti, alle spalle di Edin Dzeko e Patrik Schick, all'esordio in Champions League. Stessa formazione dell'andata per Valverde, con Luis Suárez e Lionel Messi davanti nel 4-4-2.

 

 

 

CIÒ CHE SERVIVA - Pur con un sistema di gioco diverso, la Roma ripropone lo stesso atteggiamento dell’andata, con una pressione altissima del possesso palla del Barcellona, reso complesso già dai primi metri di campo e orientato verso la sinistra dei blaugrana, per costringere Jordi Alba a lanciare. L’ampiezza garantita da Florenzi e Kolarov permette di creare un fronte offensivo composto da cinque uomini (con loro, Nainggolan e le due punte) senza perdere troppo in equilibrio e dunque potendo avanzare con più coraggio. Importante anche il fattore verticalità, addirittura già decisivo dopo 6 minuti, quando De Rossi lancia lungo per Džeko che fredda ter Stegen e manda avanti i suoi nel punteggio di serata, esattamente ciò che serviva per mettere altra benzina nel serbatoio.

OCCHI SBARRATI - Mantenere alti ritmo e concentrazione contro una squadra come i blaugrana richiede infatti tanta energia; non solo in fase di possesso palla, ma anche e soprattutto quando c’è da difendere. Nel primo tempo la linea dei tre è praticamente perfetta nel partire alta, riducendo drasticamente il numero di ripartenze da fronteggiare, per poi retrocedere e coprire in caso di possesso avversario portato più vicino alla porta di Alisson: va in questo senso la scelta di disporre Manōlas e non Fazio al centro del pacchetto, giacché la velocità del greco è fondamentale per avere più margine di errore nel movimento del collettivo. I due braccetti della difesa hanno invece il compito di uscire sul lato di riferimento per sporcare il possesso avversario: importantissimo farlo con forza, anche a rischio di commettere fallo, come avviene per tutta la prima frazione di gioco, in cui Alisson rischia solo nei primissimi minuti di gioco, con una conclusione da posizione interessante di Sergi Roberto.

LE COSE SEMPLICI - “Non mi interessa del sistema di gioco, la cosa importante è la filosofia”: parole di Di Francesco nel postpartita vere a metà, perché la filosofia è e resta quella, ma il sistema di gioco diventa decisivo per applicarla. Un sistema di gioco inedito, forse non letto da Valverde, sicuramente ideale per mettere sotto pressione i difensori centrali del Barcellona, aprendo le maglie e liberando spazio in mezzo: il resto devono farlo le qualità individuali e Nainggolan e Džeko sono ancora una volta perfetti. L’idea è semplice, la costruzione più complessa, l’esecuzione magistrale: Džeko si fionda ancora sul lancio (di prima!) del belga e si conquista il rigore che il capitano trasforma per il 2-0.

INDECISI E COLPITI - Un risultato che metterebbe in crisi chiunque e che finisce per mettere in crisi anche il Barcellona, arrivato all’Olimpico con tutta la sicurezza del mondo e ora dilaniato dal dubbio: difendere l’unico gol di vantaggio rimasto o chiudere la pratica cercando di segnare? Un dilemma che richiederebbe rapida risoluzione e che getta i blaugrana ancor più nel paradosso, perché il cronometro, che sarebbe loro amico, finisce per diventarlo della Roma, che può giocare minuti su minuti contro un avversario in stato confusionale. E attaccarlo: dentro Cengiz Ünder per Schick (più che utile nel far concentrare Džeko su meno cose da fare, come nello spezzone di sabato scorso) e Stephan El Shaarawy per Nainggolan, con l’obiettivo di pareggiare ora anche numericamente il discorso sugli esterni. Valverde impiega 81 minuti per prendere una decisione, ed è la decisione di chi non sa decidere: fuori Iniesta, dentro André Gomes e sistema, di fatto, immutato. Nessun salvagente per un naufrago in alto mare, troppe cose da tenere sott’occhio e l’errore arriva nell’occasione paradossalmente - ancora - più controllabile: Manōlas è tanto, troppo libero sul primo palo su un calcio d’angolo battuto a rientrare e fa il 3-0 quando mancano 7 minuti e il recupero da disputare.

VERTIGINI - La qualificazione alle semifinali di Champions League con così poco tempo da giocare è il punto più alto della storia europea della Roma degli ultimi 35 anni, e così in alto si sentono le vertigini: la differenza di pressione rispetto al minuto precedente è limpida, i quasi assenti errori tecnici aumentano a dismisura, non solo nei passaggi e negli appoggi ma anche nella semplice disposizione in campo, che diventa più incerta, con una linea difensiva mantenuta alta, attaccata ora anche da Ousmane Dembélé e Paco Alcacer, messi in campo quasi casualmente da Valverde. L’ulteriore merito dei giallorossi è quello di riprendersi in relativamente poco tempo, con un recupero di quattro minuti giocato praticamente senza rischi.

SOMMA PERFETTA - La fine di una prova-monstre, in cui prima ancora che la qualità in avanti - comunque esponenzialmente superiore rispetto all’andata, con giocate difficili messe a segno a ripetizione - ha contato la puntualità dei movimenti difensivi, di una linea difensiva mai spaventata da chi aveva di fronte, di principi di gioco evidentemente attuabili - pur in condizioni mentali paradossalmente favorevoli - sommati a una disposizione in campo più adatta agli uomini a disposizione. La somma perfetta tra filosofia e pragmatismo, che manda la Roma in semifinale di Champions League, oltre ogni aspettativa.


Altre notizie
PUBBLICITÀ