Scacco Matto - Roma-Liverpool 4-2, la via si vede troppo tardi
Fonte: Redazione Vocegiallorossa - Gabriele Chiocchio
Servivano tre gol, alla fine non ne bastano quattro: i due gol incassati - i primi all’Olimpico nella competizione - eliminano la Roma dalla Champions League a un passo dalla finale di Kiev.
LE SCELTE - Dopo la non felice scelta della difesa a 3 nella gara di andata, Eusebio Di Francesco torna al suo 4-3-3: davanti ad Alisson agiscono Alessandro Florenzi, Konstantinos Manōlas, Federico Fazio e Aleksandar Kolarov; Daniele De Rossi è il mediano, con Radja Nainggolan da una parte e Lorenzo Pellegrini - al posto dell’infortunato Kevin Strootman - dall’altra. Patrik Schick e Stephan El Shaarawy sono gli scudieri di Edin Džeko nel trio offensivo. 4-3-3 anche per Klopp, che rispetto all’andata cambia solo l’infortunato Alex Oxlade-Chamberlain con Georginio Wijnaldum, schierando il solito tridente composto da Mohamed Salah, Roberto Firmino e Sadio Mané.
CASTELLO DI CARTE - I requisiti per rimontare tre gol in una gara di ritorno interna la Roma li conosce: intensità, compattezza e qualità nelle giocate sono tre elementi che non possono mancare se si vuole compiere un’impresa del genere. E nei primi minuti la Roma li mette in campo tutti e tre, con una linea alta che impedisce le ripartenze del Liverpool, spostamenti del pallone operati in modo molto veloce e una forte aggressività nel riconquistare il pallone e riproporre l’azione offensiva. Appena però manca uno solo di questi elementi, il castello crolla. Radja Nainggolan sbaglia un retropassaggio in maniera quasi gratuita avviando una ripartenza in superiorità numerica del Liverpool, che capitalizza l’azione con Mané. Arriva poi il pareggio su un autogol fortunoso di Milner, ma è già tutto finito e lo si nota prima di tutto a livello di collettivo: si vedono già azioni in cui la squadra è spezzata in due ed errori di schieramento che portano Salah a giocarsi gli uno contro uno con Fazio e non con Manōlas. Collettivo, ma anche singoli: già si è detto di Nainggolan, ma anche Schick non è intenso sui palloni che deve giocare e partecipa poco alla fase di non possesso. L’angolo da cui scaturisce il 2-1 di Wijnaldum arriva dopo un uno contro uno di Robertson con Florenzi e il mancato raddoppio del ceco sul terzino, che può giocare troppo liberamente il pallone per Mané.
SI POTEVA FARE - Il secondo tempo - al di là degli errori dell’arbitro - mostra degli aspetti su cui la Roma avrebbe potuto far leva per ribaltare la situazione. In pochi minuti arriva il gol del 2-2 di Edin Džeko, su un errore di Trent Alexander-Arnold: all’andata i due terzini erano stati devastanti, a ritorno uno dei due è stato comunque decisivo, spingerli più indietro avrebbe favorito errori da parte di due giocatori di non grandissima qualità a livello difensivo. Sul 2-2, Di Francesco passa al 4-2-4 inserendo Cengiz Ünder per Lorenzo Pellegrini: il Liverpool non è squadra abituata a difendersi e non alza più i giri del motore, un altra chiave della partita resa inefficace dai gol presi nel primo tempo e non solo. Maxime Gonalons per De Rossi e Mirko Antonucci per El Shaarawy sono cambi che servono a dare benzina fino al 3-2 di Radja Nainggolan, che arriva con un tiro da fuori: lo stesso tiro da fuori che avrebbe potuto sbloccare il punteggio in favore della Roma all’andata e che è stato comunque poco utilizzato nel corso delle due partite. Alla fine i gol diventano 4 per il calcio di rigore realizzato da Nainggolan per un fallo di mano del subentrato Ragnar Klavan, ma a Kiev va il Liverpool, capace di sfruttare a perfezione le proprie qualità e i blackout della Roma nell’arco dell’eliminatoria.