L'Espresso: le difficoltà di DiBenedetto e soci
Fonte: L'Espresso
Entro il 17 marzo sarà definita l'operazione di cessione del club romanista: i pretendenti americani dovrebbero portarsi a casa la società per poco meno di 200 milioni di euro. Lo scrive l'Espresso uscito ieri nelle edicole. Ma secondo il periodico diretto da Bruno Manfellotto il difficile per DiBenedetto e soci deve ancora venire. La squadra, ultimamente, non ha collaborato ai piani di grandezza futura. Anzi, ha fatto il posisbile per bruciare le sue carte nella Champions League di quest'anno e in quella del prossimo. Il marchio della Roma è stato valutato 125 milioni di euro nel gennaio 2007 e dato in gestione a una società controllata dai Sensi, la Brand Management. Quattro anni dopo, quella cifra appare frutto di uno slancio di ottimismo se paragonata all'offerta degli americani e, per esempio, al marchio dello United, valutato 208 milioni. Quanto allo stadio, la legge Lolli-Butti è stata emendata e poi bocciata perché consentiva la costruzione in aree protette, incluse quelle con vincolo archeologico. Il futuro della legge sugli stadi è imprevedibile e i suoi effetti sull'economia del calcio ancor di più.
L'Espresso punta l'attenzione sul concetto stesso di cordata che sostanzialmente non esiste nel calcio italiano ed europeo. La distanza inoltre aumenta i possibili problemi di gestione. La società di hedge fund di DiBenedetto è attiva negli Usa, in paesi della Ue e in Russia. I suoi soci sono bostoniani. Tutti quanti di mestiere sanno capire quali aziende possono essere valorizzate, ma non è detto sappiano come farlo. E il calcio non è tenero con i debuttanti. Si fa poi l'esempio di John Henry, l'americano che ha rilevato il Liverpool (socio nel baseball di Di Bendetto): la prima mossa è stata vendere Fernando Torres al Chelsea per 58,5 milioni di euro, rispesi quasi tutti in altri acquisti. Il Liverpool è così rimasto senza il nuovo stadio e con gli stessi debiti di prima, 416 milioni di euro.