Da punto debole a punto di forza: come è cambiato il centrocampo giallorosso

27.12.2019 22:25 di  Danilo Budite  Twitter:    vedi letture
Da punto debole a punto di forza: come è cambiato il centrocampo giallorosso
Vocegiallorossa.it
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

A distanza di sei mesi, tutto è cambiato in casa Roma. La depressione di quest’estate è stata spazzata via dal lavoro di Paulo Fonseca, che tra lo scetticismo generale e mille difficoltà ha saputo costruire in breve tempo una squadra dall’identità forte, salda in zona Champions e con un occhio alle parti alte della classifica. Tra i tanti meriti di Fonseca, e del lavoro di Petrachi in estate, c’è quello di aver sistemato il reparto nevralgico, il centrocampo, ridotto in macerie lo scorso anno. Il cambiamento in mezzo al campo è infatti uno dei fattori di più ampio rilievo nella costruzione della Roma di Fonseca e paragonare la situazione di oggi a quella di un anno fa è la cartina al tornasole che rivela quanto questo cambiamento abbia inficiato sulle sorti della squadra capitolina.

RIVOLUZIONE MONCHI - Per comprendere a fondo i problemi a centrocampo nella scorsa stagione, occorre fare un passo indietro, precisamente all’estate 2018. Dopo un’ottima stagione, culminata con la sorprendente semifinale di Champions, il centrocampo della Roma viene letteralmente stravolto. Via Nainggolan, Strootman e Gerson, dentro Pastore, Nzonzi e Cristante. Eccezion fatta per il brasiliano, le altre due cessioni sono molto pesanti, visto che si trattava di due titolari della stagione passata, ma per diversi motivi, sia Nainggolan che Strootman erano arrivati a un punto di svolta della loro carriera giallorossa e quindi a un momento adatto per salutare. Il problema però non è stato tanto in uscita, quanto in entrata. Al di là delle valutazioni tecniche, che poi si sono rivelate errate, sui nuovi acquisti, proprio concettualmente le operazioni condotte sul mercato da Monchi si sono rivelate fallate. Con un allenatore come Eusebio Di Francesco, da sempre fautore del 4-3-3, vendere due mezzali, vitali nel gioco del tecnico abruzzese, per sostituirle con un mediano e un trequartista, come Nzonzi e Pastore, è una scelta alla base illogica. Capitolo a parte per Cristante, che non ha sempre fatto la mezzala in carriera, ma per caratteristiche ed età sembrava più adatto a ricoprire quel ruolo. Fatto sta che all’alba della sua seconda stagione romanista, Di Francesco si è ritrovato con delle lacune tattiche irrimediabili e i risultati che sono venuti ne sono stati la logica conseguenza. Di Fra ha dovuto smontare il suo 4-3-3, mostrando tutti i suoi limiti tecnico-tattici nel non saper adottare soluzioni tampone. Individualmente Pastore è stato praticamente nullo, considerando gli innumerevoli guai fisici, Nzonzi si è rivelato un flop inaspettato e Cristante ha reso al di sotto delle aspettative, salvando però il salvabile con la grande volontà messa in gioco.

I PROBLEMI - Al di là delle colpe di Di Francesco però, il centrocampo giallorosso si è rivelato non funzionale proprio per come era stato concepito, tanto che anche Ranieri non è riuscito a trovare una quadratura ideale. Cristante ha faticato a trovare la propria collocazione tattica, pagando forse anche il primo anno in una big. Nzonzi ha reso ben al di sotto delle aspettative, mettendo in mostra un atteggiamento spesso irritante e svogliato. De Rossi ha pagato i troppi guai fisici, rendendo alla grande quando in campo, ma venendo a mancare troppo spesso. Pastore non pervenuto, eccetto che per le due magie di tacco. Al netto delle note liete Pellegrini e soprattutto Zaniolo, il reparto di centrocampo della Roma è stato forse il vero artefice, insieme all’inaffidabilità dei centrali, del flop giallorosso. Il vero problema è stato in mediana, qualunque soluzione a due si adottasse combinando De Rossi, Nzonzi e Cristante, il centrocampo giallorosso risultava troppo compassato, nessuno era in grado di dare il cambio di passo o di supportare adeguatamente la manovra. Ne risultava uno scollamento enorme tra i reparti, col trequartista obbligato a scendere più del dovuto in mezzo al campo, lasciando Dzeko solo e innervosito. L’inaffidabilità della coppia centrale, con Manolas spesso incerottato e Fazio in calo vertiginoso, costringeva poi i mediani giallorossi a guardarsi dietro più del dovuto, e senza De Rossi in campo nessuno riusciva a svolgere al meglio questo lavoro. Lacune tattiche di base, rendimenti sotto la media e incompatibilità tecniche sono i fattori che hanno contrassegnato la deludente stagione del centrocampo giallorosso lo scorso anno. Quest’estate il primo obiettivo di Petrachi era sistemare questo reparto, e cosi è stato.

LA CHIAVE - La rivoluzione a centrocampo è iniziata dal mercato. L’addio di De Rossi e la partenza di Nzonzi hanno spalancato le porte agli arrivi di Jordan Veretout e Amadou Diawara. Confermati Bryan Cristante e Lorenzo Pellegrini, rimasto sul groppone Javier Pastore. All’inizio trovare la quadratura per Fonseca non è stato facile, complici gli acciacchi di Veretout e la Coppa d’Africa di Diawara. Pellegrini ha sofferto nel ruolo di mediano e dunque Cristante si è imposto come faro del centrocampo giallorosso. La prima uscita col Genoa ha messo però in mostra poco equilibrio, facendo tremare i tifosi giallorossi, ma già dal derby alla seconda giornata Fonseca ha dimostrato di saper curare bene la fase difensiva. La svolta a centrocampo è arrivata col rientro di Veretout, il vero colpo a centrocampo dell’estate giallorossa. Il francese è il giocatore che è mancato lo scorso anno: dinamico, propositivo, in grado di saper fare le due fasi di gioco. Al suo fianco agisce prima Cristante, che finalmente dimostra di essersi ambientato con successo a Roma. Poi la crisi ha portato all’innalzamento di Mancini, sorprendentemente efficace da centrocampista, e all’esperimento Pastore, nemmeno andato troppo male a Genova. Infine il ritorno di Diawara ha consegnato a Fonseca una coppia di centrocampo quasi perfetta, bilanciata e funzionale, che sta facendo le fortune dei giallorossi.

LA GIUSTA ALCHIMIA - Emerge con chiarezza come la costante del centrocampo di Fonseca sia Veretout. Il francese è per caratteristiche una pedina irrinunciabile, unicum in rosa e di livello superiore rispetto agli altri. Diawara si è dimostrato il suo complice perfetto, capace di completare le qualità del francese, aggiungendo una regia puntuale e pulita e una fisicità preziosa in fase di interdizione. L’efficacia però di tutte le coppie di centrocampo scese in campo quest’anno, persino con gli adattamenti di Mancini e Pastore, mette in mostra l’eccezionale lavoro di Paulo Fonseca, capace di riuscire sempre a tirare fuori il meglio da ciò che ha a disposizione. Un centrocampo qualitativamente migliore e sicuramente più funzionale quest’anno, ma grandi meriti vanno anche al tecnico perché più di una volta si è trovato in condizioni di assoluta emergenza, ma non si è mai fatto spaventare. Oggi il centrocampo è il reparto forte della Roma, capace di proteggere la difesa e di supportare l’attacco. I movimenti sono ampiamente collaudati: in fase di impostazione uno dei due mediani si abbassa a giocare il pallone, l’altro si allarga per dare sfogo al terzino che deve salire. In fase di recupero palla Veretout aggredisce senza sosta gli avversari e corre all’indietro quando i centrali vengono puntati, Diawara invece si piazza intelligentemente sulle linee di passaggio e ingaggia duelli fisici con gli attaccanti che affronta. Quando ha giocato là Mancini si abbassava costantemente tra i centrali, alzando il raggio d'azione di Veretout. Il tutto è poi è avvantaggiato da un trequartista finalmente efficace, un altro ruolo mancato lo scorso. Lorenzo Pellegrini, ma anche Pastore prima del rientro del 7, è libero di scatenare la propria qualità in zona d’attacco con la consapevolezza di avere le spalle sempre coperte. Tutto parte dal centrocampo e lì si riduce. Lo scorso anno ha segnato il fallimento giallorosso, quest’anno ne sta segnando l’andamento positivo. Con un grande plauso al lavoro di Petrachi e Fonseca.