Ferronetti: "Sono stato costretto a smettere a causa degli infortuni. Sono rimasto grato alla Roma"

22.11.2018 18:36 di  Simone Ducci  Twitter:    vedi letture
Ferronetti: "Sono stato costretto a smettere a causa degli infortuni. Sono rimasto grato alla Roma"
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© foto di Federico De Luca

L'ex difensore di Roma e Udinese Damiano Ferronetti ha parlato durante il Match Program: “Ormai seguo poco il calcio, ho cambiato vita. Mi capita a volte di guardare delle partite in televisione, ma un piccolo magone dentro non mi abbandona. I primi tempi era peggio, ora riesco a gestirlo meglio”.

Ha un “magoncino” quando vede una partita di calcio?
“Quando finisci presto di giocare, può capitare di avere questo sentimento misto di rabbia e delusione. È stata una decisione forzata quella di smettere, per via di tanti infortuni. Troppi davvero. Non volevo rassegnarmi, però alla fine c’è stato poco da fare. Una pubalgia cronica e una serie di problemi tutti a un solo ginocchio”.

Quale dei due?
“Il destro. Nel corso degli anni, ho subìto sei interventi. Tre per il menisco, due volte ai crociati e un’operazione di pulizia. Mi sono sempre rialzato, ogni volta riprendevo e ad un certo punto sono arrivato alle porte della Nazionale, stavo per essere chiamato per uno stage in azzurro. Ma fui costretto a fermarmi pure in quella circostanza”.

C’è stato un momento in cui si è sentito davvero bene fisicamente?
“Sì, alla Triestina quando andai nel 2003 con Tesser e mi formai come calciatore in Serie B. Poi, il secondo anno nell’Udinese. Giocavo, mi allenavo con regolarità, poi mi ruppi il crociato. Successivamente, nelle esperienze a Torino e Genoa ho avuto pure altre incomprensioni. Però,
nonostante tutto, ammetto di aver fatto una buona carriera e non posso lamentarmi”.

E ora cosa fa?
“Lavoro in un studio medico da amministratore sanitario. Dopo aver smesso con l’attività agonistica, non ce la facevo più a stare a casa. Sono dell’idea che una persona debba lavorare. Ci si sveglia la mattina e bisogna fare qualcosa. Mi sono rimboccato le maniche, con umiltà, e ora sono
felice di questo nuovo impiego. Mi è sempre piaciuto questo ambito, forse per aver visto tante strutture negli anni… (ride, ndr)”.

Ha una nuova vita, insomma.
“Sì, ho cambiato letteralmente pagina e il calcio – come detto – non mi manca. Ho la mia famiglia, ho i figli e viviamo in Friuli in un contesto ideale per far crescere i bambini. Però un desiderio per il futuro legato al pallone ce l’ho…”.

Ovvero?
“Mi piacerebbe allenare. Ho preso il patentino e credo di poter insegnare qualcosa. Soprattutto i valori. I valori che ho imparato crescendo nella Roma, a Trigoria”.

Per fare un esempio?
“Anche un semplice saluto a chi è più grande. Noto che in alcuni ragazzi più giovani non ci sono più i valori di educazione e rispetto”.

Sembra di capire che è rimasto grato alla Roma.
“Sì, assolutamente. E non potrebbe essere altrimenti. Ho dedicato la mia vita al calcio, con la Roma ho potuto realizzarmi. Se poi non sono mai tornato ad indossare questa maglia è perché – evidentemente – non lo meritavo o non ne ero all’altezza”.

Cosa ricorda del periodo romanista?
“Tante persone importanti nel mio percorso. Cito Alberto De Rossi, con cui ho vinto un campionato giovanissimi e ho giocato tanto. Ma penso pure a Mauro Bencivenga, il primo che mi ha dato input tattici sui quali lavorare, e a Guido Ugolotti che mi impiegò un anno da centrocampista, un’esperienza che mi tornò molto utile negli anni successivi. E poi Fabio Capello, che mi fece esordire in Serie A a Parma”.

Il 24 novembre 2002. E Udinese-Roma si gioca il 24 novembre 2016, sedici anni dopo. Sensazioni?
“Certo l’esordio è sempre l’esordio. Significa che è passato tanto tempo, ahimé…”.

Udine che ha rappresentato nella sua vita?
“È un ambiente ideale per far crescere un giovane calciatore. C’è tutto e si gioca tanto facendo esperienza. Io ho trovato anche l’ambiente ideale per vivere”.

Non le manca Roma?
“Sicuramente un po’ mi manca, essendo la città in cui sono cresciuto. Non torno molto spesso a casa, con gli impegni di lavoro e di famiglia diventa complicato. Però a volte capita”.

Non segue più tanto il calcio, dunque.
“Quando c’è una gara importante di campionato, mi soffermo e la vedo. Però non è più la mia priorità informarmi a fondo su questo sport. Se sto a casa bene, altrimenti preferisco andare a fare una passeggiata con la mia famiglia. Udinese-Roma, però, me la vedrò”.