A lezione d'Europa
Fonte: L'editoriale di Gabriele Chiocchio
Ci sono casi in cui si dice che bastino i numeri a descrivere una situazione. Quelli riguardanti il rendimento della Roma in Europa sono già più che noti, ma repetita iuvant: 3 vittorie su 22 partite dal 2011 (su 25 allargando il campione anche alla precedente gestione), un solo successo in trasferta (sul campo del Feyenoord, in Europa League, nessuno in Champions League), porta tenuta chiusa solamente una volta, nello 0-0 contro il BATE Borisov allo Stadio Olimpico, per un totale di 46 gol subiti. I voti sulle europagelle della Roma sono decisamente bassi, tanto che i giallorossi hanno dovuto abbandonare il prestigioso college della Champions League ed effettuare l'iscrizione a un istituto probabilmente più adatto a quelle che sono le attuali capacità dei giallorossi di affrontare una gara internazionale, quello dell'Europa League di cui oggi si celebrerà il sorteggio della fase a gironi. La squadra di Spalletti partirà dalla seconda urna, il che significherà dover giocare due gare contro un avversario di livello, con cui magari verificare quanto appreso nelle altre quattro partite più abbordabili. Identità, personalità, scaltrezza le materie da studiare con meticolosa attenzione, "il ragazzo ha doti ma non si impegna" il commento del professor campo. La rosa iscritta al doppio confronto con il Porto era senz'altro di qualità sufficiente per avere la meglio sui lusitani, ma è mancato praticamente tutto il resto: già prima dell'espulsione di Thomas Vermaelen nella gara di andata si era vista la Roma andare in difficoltà sul piano del gioco e anche sul piano mentale, quando si era praticamente ancora all’inizio della doppia sfida e tante cose dovevano ancora accadere. Nel giro di sei giorni, la mancanza di polso ha fatto maturare gli errori in transizione di Diego Perotti nei due black-out di Daniele De Rossi ed Emerson Palmieri, che hanno compromesso la sfida contro un avversario tosto ma alla portata, semplicemente più capace di stare dentro la partita rispetto alla Roma e più bravo in tutte quelle piccole cose che magari in Italia si riescono a mascherare con la differenza tecnica, ma la cui mancata applicazione in Europa, contro squadre abituate a giocare per vincere nei loro campionati, diventa un handicap troppo grande per essere assorbito. La Roma, oltre a faticare a proporre un sistema di gioco che funzioni (e questo è relativamente una sorpresa), raramente riesce a condurre partite europee senza scossoni, a portare la normalità dei week-end anche in mezzo alla settimana, manca di furbizia nelle situazioni intricate, di freddezza nel concretizzare le occasioni (1 gol - autorete - in 4 partite europee con Luciano Spalletti in panchina), di semplicità quando la situazione si complica. Tutto questo, e tanto altro, potrà e dovrà essere studiato il giovedì sera, quando la Roma andrà a lezione di Europa sperando di poter mettere in pratica quanto imparato tra un anno. L’Europa League è una competizione che, almeno nella sua prima fase, lascia più margine per eventuali errori e sembra lo scenario perfetto per ricominciare da zero. Certo, la retta di oltre 20 milioni di euro, quelli del mancato incasso dovuto all'eliminazione, è salata, ma, a volte, per studiare, bisogna anche saper fare qualche sacrificio.