Slideshow, Perrotta: "Orgoglioso di non aver indossato altre maglie dopo quella della Roma"

28.11.2014 18:35 di  Yuri Dell'Aquila  Twitter:    vedi letture
Fonte: Roma TV
Slideshow, Perrotta: "Orgoglioso di non aver indossato altre maglie dopo quella della Roma"
Vocegiallorossa.it
© foto di Federico De Luca

Simone Perrotta è l'ospite della puntata di oggi di Slideshow su Roma TV. Ecco le dichiarazioni dell'ex calciatore della Roma.

Sulla sua statua ad Ashton.
"Una soddisfazione, una cosa che non pensavo potesse succedere in un paese freddo come l'Inghilterra, in una città che mi ha dato i natali ma in cui io non sono mai tornato. Nessuno mi aveva avvertito ma è una soddisfazione incredibile, anche per i miei genitori. Mio padre è andato lì da piccolo ed è entrato a far parte di un ambiente molto chiuso".

La Reggina.
"Foto Panini ho realizzato di essere un calciatore, la Reggina mi ha adottato. I primi tempi sono stati molto duri, piangevo spesso, non riuscivo a starci e non riuscivo a relazionarmi con gli altri ragazzi. Devo ringraziare la forza che hanno avuto i miei genitori nel trattenermi, senza quell'esperienza non sarei arrivato dove sono arrivato, lì mi hanno dato la possibilità di fare del calcio la mia professione".

La maglia della Juventus.
"Sensazione strana. Mi ricorda quando il presidente Foti mi parlò dell'interesse della Juventus. Si parlava di cessione all'Inter e il presidente mi chiese di squadra fossi. Risposi di essere simpatizzante del Napoli ma di non avere una squadra in particolare, così prese una maglia della Juventus e me la tirò addosso. Mi suscitò sentimenti strani, era tutto un altro ambiente in cui l'unico obiettivo era vincere, ero molto felice però in quel momento".

Col Bari.
"Mi sono sentito dentro ogni situazione. Ero tenuto a dimostrare di poter giocare a quei livelli. Primo anno discretamente bene, il secondo retrocedemmo e non giocai benissimo".

Il Chievo.
"La mia seconda vita calcistica. E' stato semplice integrarsi al 100%, ero quello che doveva dare superiorità numerica in fase offensiva, stare a ridosso delle prime da neopromossa penso sia una cosa che non possa succedere nuovamente, è un qualcosa di inusuale".

Del Neri.
"E' uno di quelli che più mi ha aiutato, è grazie a lui se sono riuscito a fare una carriera del genere, è qeullo che mi ha dato più fiducia, ha raccolto poco di quello che ha seminato. Un allenatore che ha portato un calcio diverso".

Passaggio alla Roma.
"Ho realizzato di essere entrato in un mondo completamente diverso dal precedente. Grande squadra, piazza, tifoseria, il primo periodo la pressione mi ha schiacciato, giocare con Matteo Ferrari, che già conoscevo, mi ha aiutato. Provenendo da un ambiente diverso, il primo anno non è andata bene, al di là delle prestazioni personali. La squadra era stata rinnovata, venendo da un secondo posto, siamo arrivati a Roma con l'idea nella gente che noi avremmo dovuto sostituire quei giocatori. Era sbagliato credere che potessi sostituire un giocatore come Emerson, abbiamo caratteristiche completamente diverse e anche lo storico non era lo stesso".

Sampdoria-Roma del 2005.
"Prima partita in cui si cambiò modulo, venivamo da un periodo brutto, c'era nell'aria l'esonero dell'allenatore. Siamo arrivati a quel match con la rosa dimezzata, davanti c'era solo Totti disponibile. Spalletti prima della partita mi disse che avrei giocato dietro di lui, che avrebbe fatto la punta centrale e che io avrei dovuto rimpiazzarlo nella sua precedente posizione. Presi quella decisione con lo spirito giusto e devo dire che il mister ebbe una felice intuizione, per il sottoscritto e per tutta la squadra".

Abbraccio tra De Rossi e Spalletti.
"Emblematica di ciò che abbiamo vissuto in quel periodo. Si era creata un'empatia pazzesca tra squadra e allenatore. Spalletti ha dato tanto a questa squadra ma credo che la cosa sia ampiamente ricambiata".

Taddei.
"E' uno dei calciatori che ogni compagno vorrebbe all'interno della propria squadra. Un ragazzo dal cuore grande, un giocatore eccezionale, abbiamo condiviso tante vittorie, soddisfazioni".

Foto in allenamento con De Rossi e Andreazzoli.
"Ci sono diversi amici in questa foto: Daniele è un amico. Abbiamo condiviso gioie e sofferenze sportive e non solo. Ha la maglia della Roma incollata addosso, nelle sofferenze sportive per lui era una sofferenza fisica, una sofferenza da tifoso dopo anni passati in Curva Sud, questo gli ha portato problemi nei primi anni, è riuscito a mediare questa sua condizione, è un giocatore incredibile, una persona di una maturità sopra la media e una professionalità incredibile, è innamorato della Roma, basta vedere con quale foga esulti per un gol anche di un suo compagno di squadra. Aurelio mi ha aiutato diverse volte, da secondo di Spalletti non esitava a venirmi a rimproverare se il mio atteggiamente non era quello giusto, ho il solo rammarico di non averlo potuto aiutare quando ha avuto il privilegio di allenare la prima squdra. Non ho mai cercato di tarre beneficio dalla nostra amicizia, il suo unico litigio con un giocatore in campo è stato con me, mi prese ad esempio per far capire un concetto in generale alla squadra".

Il Mondiale del 2006.
"La mia soddisfazione più grande da calciatore. Il sogno di ogni bambino, vestire la maglia azzurra. Se poi dà la possibilità di giocare e vincere una finale Mondiale si può solo immaginare la soddisfazione. Difficile trovare le parole, la cosa bella è che non ci si rendeva conto di ciò che si stava facendo. E' stato un bene non capirlo. Il giorno della finale ero certo di vincere, pochi giorni prima della gara sono andato a cena con mio padre, mio cognato e mia moglie. Mio padre mi disse di non preoccuparmi del risultato della partita e di andare in campo senza pensare a vincere per forza, senza restare male in caso di sconfitta ma che avrei fatto meglio a vincerla (ride, ndr). C'erano moltissime aspettative e con quelle parole crebbero in me voglia e determinazione di vincere, oltre a una certa ansia. Orgoglioso di aver vinto quella competizione.

I rigori.
"Sensazioni contrastanti. Passavo dal piangere al ridere in quattro secondi. Ora che posso guardare a ritroso il mio percorso sportivo, posso godermi i successi che ho ottenuto, essermi laureato Campione del Mondo va al di là di ogni mia previsione".

I festeggiamenti.
"Un vanto per la tifoseria della Roma. Aver avuto tre giocatori campioni è stata una soddisfazione per tutti i tifosi, tutti e tre abbiamo portato in quella Nazionale questo nostro modo di intendere il calcio, il modo dei tifosi romanisti, la passione che loro riescono a trasmettere alla squadra. Portammo un po' di Roma in quell'Italia. Daniele segnò uno dei rigori della finale, Francesco contribuì in modo netto ad alcuni risultati, sottolineo il carattere di assumersi la responsabilità di calciare il rigore contro l'Australia, fu uno dei più determinati".

Il gol nella finale di ritorno di Coppa Italia contro l'Inter del 2007.
"Ce la siamo vista molto brutta, dopo il 6-2 dell'andata, a Milano poteva e doveva essere una passeggiata ma si stava tramutando in un dramma sportivo. Onestamente non eravamo maturi per giocare alla pari con quell'Inter, vinse lo Scudetto con molti punti di vantaggio e in quel frangente si vide la differenza mentale. In partita singola avremmo potuto vincere con chiunque ma alla lunga lasciavamo qualcosa per strada. Dopo il mio gol, senza la rete di protezionem i sarei buttato al di là della rete, è stata la prima Coppa Italia vinta, una grande soddisfazione".

Roma-Manchester Utd 2-1.
"Cristiano Ronaldo penso sia stato l'avversario più forte incontrato. Prese palla dalla sua area e arrivò nella nostra servendo Rooney per il momentaneo pareggio. C'è del rammarico perché loro rimasero in dieci per l'espulsione di Scholes e noi riuscimmo a fare una prestazione incredibile ma sbagliammo molti gol. Nel risultato del ritorno questo si fece sentire, mentalmente non eravamo pronti per palcoscenici così importanti, in quella stagione abbiamo rappresentato l'Italia come unica squadra più avanti nella competizione, se avessimo passato quel turno, credo avremmo avuto serie possibiltà di vincere quella Champions League".

Catania-Roma 1-1.
"A fine primo tempo eravamo Campioni d'Italia. Da Parma arrivò la notizia dei gol dell'Inter, quando Ibrahimovic sotto il diluvio entrò e fece doppietta".

Coppa Italia 2008.
"Magra soddisfazione. C'era soddisfazione per aver vinto un'altra Coppa Italia ma rimase il rimpianto per non aver vinto lo Scudetto. E' una ferita che difficilmente si potrà rimarginare".

Gol al derby nella stagione 2007/2008.
"Fare un gol al derby è bello, incredibile. Una felicità enorme che riesci dare ai tuoi tifosi, in questo caso fu un gol bello, con il mio pallonetto a Ballotta in uscita, avevo una paura pazzesca di sbagliare (ride, ndr). Può sembrare semplice, ma con quella pressione non lo è mai".

La gara con il Real Madrid.
"Una partita che ci rende facile. A me come a tutti i miei compagni. Vincemmo 2-1 all'andata ma nel primo tempo ci diedero una lezione di calcio, noi avevamo raggiunto una consapevolezza importante dei nostri mezzi. Al ritorno facemmo una partita incredibile in uno degli stadi più belli in cui abbia mai giocato. Vincemmo 2-1 anche al ritorno, con un gol di testa di Taddei, pareggiò Raul e nei minuti finali segnò Vucinic. Momento alto per il calcio italiano.

La famiglia.
"Mia moglie è la persona che più mi ha aiutato in questo percorso con la sua voglia di mettersi in gioco. Mi ha capito nei momenti di difficoltà con consigli giusti, mi piace sottolineare che il nostro rapporto sia passionale, bello e intenso più di quando ci siamo conosciuti. Non potrei vedere la mia vita senza di lei e dei miei bambini, sono la mia linfa. I miei figli mi danno modo di restare sempre giovane, Francesco ha avuto la fortuna di vivermi da calciatore, Matias no. Cerco di trasferirgli i valori trasferiti a me dai miei genitori, non è semplice ma mi rende orgoglioso vederli crescere".

Totti.
"C'è stata subito una certa sintonia. Lo conobbi in Nazionale e capii subito che ragazzo fosse. Altruista, non antepone mai il bene personale a quello della squadra, nell'arco degli anni ho creato con lui un sentimento di amicizia. Ho avuto la fortuna di giocarci vicino, trasferendo in campo la nostra sintonia nata al di fuori. Non è mai stato un sacrificio giocare per lui, sapevo che lui mi avrebbe fatto vincere le partite. Essermi sacrificato per lui è una cosa che mi fa stare bene".

Roma-Sampdoria 1-2.
"Una ferita aperta. Eravamo primi dopo una cavalcata incredibile, sarebbe stato l'ultimo scoglio prima dello Scudetto, avevamo vinto il derby la settimana prima. In casa avrebbe dovuto essere una formalità, andammo negli spogliatoi in vantaggio ottenendo meno di quanto creato, una partita con tanto nervosismo che poi ci portò a perdere quella partita che avremmo voluto e meritato di vincere".

Luis Enrique.
"Un grande allenatore anche se tanti non saranno d'accordo con me. Da subito si era instaurato un buonissimo rapporto basato sulla stima. C'è stato un momento in cui le cose sono cambiate ma la stima nei suoi confronti è rimasta intatta. E' estremista in alcune cose, intendeva il calcio in un'unica maniera. Non riusciva a gestire i momenti in base alle qualità dei calciatori, persona professionale e allenatore capace, si basa su precisi particolari. Faceva filmare tutti gli allenamenti e in base al lavoro effettuato sceglieva gli undici. Quando comunicò le sue dimissioni ci dispiacque, perché avrebbe potuto aprire qualcosa di importante in questa società avendo capacità superiori alla media.

Finale con la Lazio.
"La mia ultima partita. Non sarebbe dovuta finire così, mi dispiace non averla giocata, non aver dato il mio apporto ai ragazzi, è stata una mia volontà non giocare con un'altra squadra. Un momento molto triste, tutti ce la ricorderemo ma siamo stati anche sfortunati. Ovviamente tutti si ricorderanno che abbiamo perso. Le soddisfazioni ottenute dalla squadra negli anni a venire sono frutto anche di quella delusione e di quel modo di intendere il calcio. Il modus operandi della società è cambiato, oltrei ai giovani di talento ci deve essere un gruppo storico che faccia capire come l'ambiente Roma sia diverso dagli altri e il peso della maglia che si indossa.

La maglia.
"Ho avuto l'onore e privilegio di poterla indossare. Con i tifosi si è creato, non da subito, un rapporto viscerale. Il primo anno ero uno dei più contestati ma quelle critiche mi hanno aiutato a capire cosa sia l'ambiente romanista. Negli anni successivi tutti mi hanno confessato di avermi contestato l'anno precedente e apprezzato successivamente. Il tifoso romanista non si nasconde mai, dice le cose in faccia senza giri di parole. In alcuni momenti le cose non andavano bene, responsabilità e pressione mi hanno giocato un brutto scherzo, posso assicurare di aver sempre dato più del 100%, non mi sono mai risparmiato né nei confronti dei compagni, né dei tifosi. Dopo anni ho capito cosa voglia il tifoso romanista e sono riuscito a trasferirlo sul campo. A distanza di un anno e mezzo tutti mi ricordano ancora come un calciatore della Roma e questo mi rende felice".