Roma femminile, Bartoli: "Con la sciarpa giallorossa già in culla. La maglia della Roma è un peso che porto volentieri"

19.10.2018 11:34 di  Andrea Cioccio  Twitter:    vedi letture
Roma femminile, Bartoli: "Con la sciarpa giallorossa già in culla. La maglia della Roma è un peso che porto volentieri"
© foto di Vocegiallorossa.it

Il capitano della Roma femminile Elisa Bartoli ha rilasciato un'intervista a Il Romanista. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni. 

"Credo che avevo la sciarpa giallorossa già in culla. Ricordo che durante le partite eravamo in 10-15 in una stanza e mio padre che dopo le sconfitte diceva di non aver voglia di andare a lavoro e non sopportava nessuno. Sono cresciuta così. La prima chiamata alla Lazio è stata a 12 anni ma non riuscivo a mettere quei colori addosso neanche al pensiero. L'anno successivo invece mi ha chiamato la Roma. Anche chi mi vede da fuori mi dice che vivo per il calcio. Ho fatto una scelta di cuore. Domenica ci sarà la Juventus. Sarà un'emozione indescrivibile indossare la fascia alla prima in casa contro la Juventus. Sono più tesa nell'entrare in campo con la maglia della Roma che con la Nazionale. A volte faccio fatica a gestire l'emozione, è una maglia che pesa ed è un peso che porto volentieri. Non dico di aver raggiunto ciò che volevo, ma è un pensiero che c'è vicino".

Partiamo dall'inizio. Cioè da quando ti ha chiamato la Roma.
«È successo in primavera. Già si vociferava da un po' che la Roma sarebbe entrata nel mondo del calcio femminile. Dopo la proposta, tornavo a casa e ci pensavo, ma avevo ancora il campionato da finire con la Fiorentina, ero concentrata su quello. A fine stagione avrei preso la mia decisione. Finito il campionato sono venuta qui a Roma, ma la Fiorentina ha provato a tenermi a tutti i costi. Io già sapevo dentro di me quale sarebbe stata la mia scelta: a Firenze ho vissuto anni bellissimi, ma da romana e romanista la risposta era sicura. Poi quando mi hanno fatto vedere la maglia con scritto il mio nome e la fascia di capitano stavo per piangere. Anche se servirà tempo, il mio sogno è vincere qualcosa con la Roma».

Il tifoso romanista non era abituato al calcio femminile.
«Sono sorpresa, infatti. Su Instagram mi scrivono in moltissimi, sento che abbiamo riscosso interesse. Non mi aspettavo nemmeno tutte le bambine che mi hanno chiesto gli autografi fuori dal Tre Fontane dopo l'amichevole con la Florentia. Adesso è importante portare a casa punti per dare ulteriore entusiasmo all'ambiente. Speriamo che questa vittoria, che meritiamo, arrivi già domenica contro la Juventus».

Non è stato l'inizio di campionato che sognavate.
«Nella prima partita a Sassuolo dovevamo fare di più, non abbiamo espresso al massimo quello che dovevamo fare. Col Verona, invece, due traverse, due gol annullati, un gol preso su una punizione dubbia al loro primo tiro… Ci è mancato solo il gol. Il resto è stato fatto bene».

Per questa domenica al Tre Fontane cosa vi aspettate?
«Dopo due sconfitte penso non ci sia nulla di meglio che affrontare la Juventus e provare a rubare punti proprio a loro. Non so perché ma ho la sensazione che sia la giornata giusta per risollevarci. Noi non abbiamo nulla da perdere, sappiamo che è una squadra che deve andare a vincere il campionato. Sono uscite dalla Champions e hanno perso la Supercoppa, quindi hanno fame. Noi ci stiamo allenando in maniera molto serena, entreremo in campo senza cambiare il nostro modo di giocare. Siamo certe che prima o poi raccoglieremo i nostri frutti».

A proposito di professionismo, il calcio femminile sta cambiando. Tu e le tue compagne avete un passato comune?
«Sì, io e tutte le ragazze del calcio femminile italiano condividiamo una storia che è fatta di sacrifici e di diritti conquistati solo negli ultimi anni. Molte di noi si sono dovute confrontare con società che non riuscivano a pagare gli stipendi per mesi. Anche a me è capitato di aver preso dieci mesi di stipendio in tre anni in una squadra considerata sportivamente di alto livello. Si continuava a giocare per entusiasmo e per passione. Quando ho giocato alla Torres, in Sardegna, ci svegliavamo alle quattro di mattina per prendere l'aereo: una passeggiata al centro commerciale e poi si giocava. Affrontavamo partite con quattro o cinque ore di sonno alle spalle, perché veniva scelto il volo più economico. Tutto ciò mi ha dato la forza di apprezzare quello di cui posso godere adesso che gioco in un club di alto livello: strutture, staff, organizzazione... Spero che le ragazze che iniziano a giocare oggi capiscano la fortuna che hanno e che non perdano la voglia di sacrificarsi. Io sono felicissima per loro perché con gli strumenti e gli allenamenti che hanno ora possono raggiungere un livello sportivamente altissimo».

Solo tre anni fa Felice Belloli, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, se ne usciva con la frase "Basta dare soldi a queste quattro lesbiche". Sta cambiando in fretta questo calcio femminile.
«Con l'ingresso dei grandi club del calcio maschile le persone si stanno aprendo e stanno manifestando più interesse. E poi siamo nel 2018, è anche l'ora che si apra la mente. Anche se poi ci sono ancora quelli che se ne escono con frasi incommentabili, ma che dobbiamo fare? Io vedo persone che ci scrivono, ci seguono, ci sostengono… Quattro anni fa era impensabile. L'altro giorno siamo stati da Mattarella per il 120° anno della Figc, stavamo in mezzo ai calciatori della nazionale maschile, una cosa impensabile anni fa».

Raccontaci la tua storia di tifosa romanista.
«Credo che già in culla avevo la sciarpa giallorossa. Ho sempre visto le partite con dieci-quindici persone in una stanza, vengo da una famiglia molto romanista. Mi ricordo ancora mio padre che ogni volta che perdeva la Roma non voleva andare al lavoro il lunedì. Sono cresciuta così. La prima squadra a chiamarmi è stata la Lazio quando avevo dodici anni, ma nemmeno ho voluto sentirli, ho detto subito di no. Poi dopo mi hanno chiamato sia nuovamente la Lazio sia la Roma Calcio Femminile, società attualmente in Serie B, dove sono stata sei anni. All'ultimo derby sono andata allo stadio con mio cugino: al gol di Kolarov mi ha quasi buttato in campo. Avevo gli occhi lucidi… Gli amici mi dicono che non mi rendo conto quanto cambio durante le partite della Roma. Penso sia vero. Quando abbiamo presentato la squadra a Piazza di Spagna mi hanno detto tutti che si vedeva che ero felice, ed è così».